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Non Vedenti, Braille e Tecnologie di Stampa

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Il disegno in rilievo e le sue finalità

Aggiornato il 29/06/2023 08:00 
 

Non conoscendo del Disegno le finalità, né i sussidi e ancor meno le tecniche di esecuzione, nei docenti spesso insorge un profondo sentimento di sgomento e di preoccupazione. Eppure, sarebbe il caso di maturare la necessaria consapevolezza, per convincersi che l’alunno privo della Vista non ha l’opzione di scegliere tra il “disegnare e il non disegnare”, considerato che il “Disegno in Rilievo” costituisce l’attività prioritaria, essenziale, preminente e imprescindibile per l’Autonomia personale della persona priva della Vista.

Ma andiamo con ordine e iniziamo dall’osservazione di un bimbo che vede.

Lo “scarabocchio” del bambino che vede deve essere considerato sempre “bello ed apprezzabile”, anche se all’adulto, pedagogicamente non accorto, può apparire poco significativo. Nel produrre quel tratto grafico il bimbo ha posto in atto – e poco importa se intenzionalmente o inconsapevolmente – dell’impegno, dell’energia, la sua creatività. Quello “scarabocchio”, infatti, che può piacere oppure no, merita di essere valutato attraverso un’ottica psicologica più attenta, poiché costituisce per quel bambino un processo liberatorio, sapiente ed emozionale. Gli educatori più accorti sanno bene che il bimbo, quando scarabocchia, riproduce, mediante il segno grafico, esattamente i suoi sentimenti e le sue emozioni di quel particolare momento. Ecco perché nelle righe che precedono affermavo che è sempre disdicevole mostrarsi indifferente e, ancor meno, deridere il piccolo. Ma si abbia sempre presente, però, che la creatività non è un dono riservato a pochi eletti, a coloro che sono definiti artisti. Non si dimentichi, infatti, che “tutti possiamo creare qualcosa di bello”, pur non appartenendo alla categoria degli eletti.

In ogni caso, le considerazioni sopra esposte sono estensibili anche al bambino che non vede? E, “il Disegno in Rilievo” può rivestire le medesime finalità?

Sono domande legittime, intelligenti e appropriate, alle quali è doveroso far seguire risposte altrettanto chiare e consapevoli.

La finalità fondamentale che si deve conseguire attraverso il Disegno in Rilievo è il consentire alla persona priva della Vista di esprimere – sia pure schematicamente così come impone l’attività Grafica – i concetti relazionali esistenti tra le conoscenze acquisite del mondo esterno e le rappresentazioni immaginative spaziali, che, sino a quel momento, hanno concorso a formare il patrimonio conoscitivo di quella specifica persona.

Già soffermandoci su questa prima affermazione il Disegno, il “Disegno Tattile” del bambino con minorazione visiva, si comprende facilmente che non può costituire assolutamente l’espressione di una attività analoga a quella del bambino che vede. Per il nostro bambino, infatti, il Disegno non può rappresentare un momento ludico, di piacere, la esplicitazione di una manifestazione interiore e liberatoria; ma costituisce, più semplicemente, un momento di impegno (impegno impostogli) doveroso, necessario ma insostituibile, mediante il quale il bambino dovrà conseguire, almeno inizialmente, “l’affinamento e l’Educazione bimanuale”.

Ma, se al Disegno in Rilievo fosse attribuita soltanto questa prerogativa, qualcuno potrebbe tranquillamente supporre di poter evitare tale imposizione al piccolo, sostituendo l’attività del Disegno con altre. Probabilmente sarà proprio questa limitante interpretazione delle finalità che spesso induce quasi tutti i Docenti curricolari e di Sostegno di non far eseguire l’attività del Disegno in Rilievo agli alunni privi della Vista.

Mi piacerebbe davvero tanto che i colleghi – indipendentemente se docenti curricolari o di Sostegno – facessero un piccolo sforzo per avvicinarsi un po’ più alle finalità effettive e al processo della conoscenza del mondo di una persona priva della Vista. Soltanto se si impegneranno a fare tale piccolo (doveroso) sforzo potranno comprendere meglio le reali finalità che il Disegno in Rilievo può far conseguire all’alunno.

Succede spesso, invece, che, ritenendo di liberare l’alunno dall’impiccio e dall’assillo dell’attività del Disegno – attività, come più volte sottolineato, da non potersi ritenere alla stregua di un bisogno interiore spontaneo e da non doversi considerare esclusivamente sotto l’aspetto puramente artistico ed estetico – quei Docenti, inconsapevolmente, si negheranno sempre la possibilità di sapere e di verificare quanta corrispondenza vi sia nel bagaglio conoscitivo di quel loro alunno, corrispondenza tra gli oggetti del mondo reale e le sue conoscenze, trasformate successivamente in immagini o concetti mentali.

È necessario essere consapevoli che soltanto mediante la “modellatura” – quale primo momento rappresentativo del reale – e il “Disegno Tattile” o “Disegno in Rilievo”, secondo momento dell’astrazione, costituiscono, per tale specifica finalità, un test ineguagliabile, unico e insostituibile per verificare la corrispondenza conoscitiva tra il mondo reale degli oggetti e i concetti o le immagini mentali.

È mediante l’attività del disegnare, infatti, che il bambino manifesta – al di là della valutazione espressiva artistica o estetica – la eventuale discrepanza o difformità tra gli oggetti reali: le sue conoscenze acquisite e il livello o grado di veridicità o di corrispondenza con i concetti e le strutture elaborate dall’intelletto.

Ed è doveroso considerare, poi, un altro aspetto altrettanto importante e imprescindibile.

Al di là di qualsiasi Tecnica per disegnare, il piccolo necessita di uno strumento particolare, straordinario e meraviglioso che non esito a definire “strumento animato”: le proprie mani.

Se le mani, pertanto, costituiscono tale delicatissimo e prezioso strumento, sarà doveroso e necessario, iniziando sin dalla prima infanzia e, ovviamente, con la necessaria gradualità, che esse siano esercitate o, meglio ancora, educate per rispondere adeguatamente a tale obiettivo.

In altre mie precedenti riflessioni ho più volte sottolineato quanto sia importante, fondamentale, ineludibile per la persona che non vede Acquisire una particolare abilità nel “saper toccare”. In chi è privo della Vista deve sorgere e instaurarsi l’abitudine, il desiderio di toccare con delicatezza, di esplorare quanto vi è attorno, di cogliere lo spazio e l’interconnessione tra un oggetto e l’altro e tra ognuno di essi e se stesso.

Nel corso della vita dovrà essere proprio tale spinta interiore, tale bisogno o aspirazione costante che dovrà sostituirsi alla connaturata pigrizia e all’iniziale impaccio derivanti dalla minorazione visiva.