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I Contatti con la Grecia - Da “Un Cieco che Vede” del prof. Antonio Greco

Pubblicato il 06/10/2021 08:00 
 

Mi sono pensionato da sei anni. Passo i giorni dilettandomi col Computer, andando a pesca con canne da lancio, con amici, divertendomi nel garage dove, in un angolo ho allestito un piccolo Laboratorio per le riparazioni possibili di elettricità, idraulica, sedie e quanto altro danneggiato, possa essere riparato. Cerco di dedicarmi anche al processo educativo della nipote Eleonora che ormai ha cinque anni e comincia a interessarsi di Musica ed altro.

Inoltre mi diverto a incidere brani musicali per fisarmonica, tanto che avrei preparato una cassetta commerciale contenente i seguenti brani: G. Rossini: La gazza ladra, sinfonia; G. Verdi: Nabucco, sinfonia; A. Ponchielli: La gioconda, la danza delle ore; P. Mascagni: L'amico Fritz, intermezzo; G. Verdi: Aida, Gloria all'Egitto; G. Verdi: Traviata, sunto.

Non ho ancora messo in commercio la cassetta, perché manca l'autorizzazione della S.I.A.E., sita in Napoli. Un po' per pigrizia, un po' per altri motivi, non mi sono ancora recato in quella città per firmare la dichiarazione di responsabilità. Ma penso di farlo al più presto.

Per ora continuo a trastullarmi come meglio posso, augurandomi buona Salute per rendermi ancora utile alla famiglia e al prossimo.

I Contatti con la Grecia

Contemporaneamente all’attività della Pro Loco, riuscii ad allacciare contatti con la Grecia, da tanto tempo da me ambiti. Il merito fu tutto della direttrice scolastica dot.ssa Ada Nucita Stefanelli, che già era conosciuta in quello Stato. Mi fece conoscere anche l’Ambiente di Bova Marina, dove ogni anno si organizzavano incontri con la Grecia e comparazioni col Grecanico di Calabria e col nostro Griko del Salento. Devo davvero a lei un grazie per l’entusiasmo e il piacere con cui mi presentò alle varie organizzazioni. Infatti volli partecipare ai concorsi in griko, indetti ogni anno da Bova Marina. Cominciai bene; infatti al primo anno vinsi il primo premio per il settore Salento. Il concorso era suddiviso in quattro settori: grekaniko di calabria; griko del Salento; neogreco e dialetto vernacolo. Per il Salento continuai a vincere ogni anno il primo premio con medaglia d’oro. A Bova Marina erano bene organizzati. Il primo anno ci offrirono escursioni nei luoghi più significativi e importanti. Visitammo chiese antiche, vecchi palazzi medievali, grotte basiliane; ma quello che mi rimase più impresso fu la visita ai Bronzi di Riaace a Reggio Calabria. Erano ancora distesi per il completamento delle dovute ristrutturazioni. Li potetti osservare tutti. Sono magnifici; se non fosse per la sensazione di freddo che ti danno, diresti che sono corpi umani. Le ginocchia, le gambe, le mani, le braccia, il corpo, il torace possente, il viso con la barba, i capelli arricciati, la mole (circa due metri di altezza) fanno veramente di quei bronzi un’opera d’arte incomparabile.

I calabresi, a parte l’andrangheta, sono persone squisite, molto ospitali, disponibili e persone col cuore di fata. Con la mia presenza lì, mi sono fatti parecchi amici: primo fra tutti il prof. Filippo Violi, grande studioso letterato, la signorina (oggi signora) Santina Petrulli, Bruno Casile, autore di un bel Libro in grecanico, la signorina Ornella, la famiglia vadalà, bravissime personee, i genitori e le due brave figlie: Francesca e Concetta, e tanti altri amici.

Cambiata la gestione Dieni, le cose si affievolirono anche lì e non si vide più lo sfarzo dei primi anni e la partecipazione di personalità universitarie italiane e greche. Io continuai ugualmente a partecipare ai concorsi di griko per la Puglia, e, devo dire, che ogni anno mi andava bene.

Ma il mio desiderio era anche un altro: conoscere la Grecia. Però, quelli che mi avrebbero potuto aiutare, facevano solo i propri interessi; mi riferisco in particolare ai martanesi e ai calimeresi che già da anni godevano delle larghe elargizioni offerte dal governo greco per le minoranze del griko nel Salento. I martanesi, spesso, mi prelevavano per Insegnare ai loro ragazzi i canti ghriki e poi mi mettevano da parte nel godimento delle agevolazioni che il governo greco metteva a loro disposizione: lunghe vacanze estive in luoghi bellissimi della Grecia; soggiorni durante l’anno per manifestazioni culturali tra i nostri paesi e la Grecia; insomma in quegli anni la Grecia era molto prolifica con le minoranze linguistiche della sua cultura e della sua Storia. In seguito seppi che un professore greco non vedente era venuto a Martano per attingere alle nostre tradizioni di suoni e canti; ma a me fu tenuto tutto nascosto. Mi sarebbe piaciuto tanto poter conoscere già d’allora questo rappresentante della Grecia. Ma, pazienza! Meglio tardi che mai.

Infatti la dott.ssa Ada Nucita Stefanelli, nel settembre del 1994, riuscì a farmi includere nell’elenco dei cittadini che dovevano andare in Grecia per una vacanza. Fu la prima mia visita in Grecia. Passammo quindici giorni in un villaggio turistico, in mezzo agli alberi e vicino al mare. Insieme con noi c’erano anche cittadini calabresi dell’area ellenofona di Calabria. Facemmo le prime conoscenze, ma conobbi anche amici italiani: il prof. Antonio Fasiello, sua nipote Paola, la sua amica Laura Conte, brava ragazza; molto sensibile; Insieme a Teresa, mia moglie, mi era molto vicina. Il villaggio, essendo situato in prossimità del mare, invitava anche alla pesca. Tutto sommato, passammo una bella vacanza.

Intanto io avevo già cominciato l’elaborazione del mio primo vocabolario di griko Italiano e viceversa che feci presente alle prime autorità con cui venni in contatto; quello fu il prologo. La mia iniziativa si diffuse nei circoli culturali e ne ebbi conferma negli anni successivi.

Infatti già nell’aprile dell’anno successivo 1995, venne a Castrignano il console di Grecia a Napoli, Miltiadis Iskakis e io ebbi la possibilità di conoscerlo, poiché, con la direttrice scolastica Ada Nucita Stefanelli avevamo già preparato nella Scuola un programma culturale specifico per accogliere la grande personalità. Lo spettacolo durò più di un’ora, tra canti, suoni, interventi di autorità. Infine prese la parola il console, dicendosi felice, in buon Italiano, di essere in mezzo a noi; ringraziò le autorità; gli alunni della Scuola e gli organizzatori. Ci promise che sarebbe tornato ancora, perché era troppo bello trovarsi all’estero tra cittadini della sua antica civiltà e della sua Lingua.

Non passò molto tempo e già nell’ottobre dello stesso anno potetti partecipare al convegno degli ellenofoni all’estero che si teneva ogni due anni. Quell’anno si svolse dal 7 al 10, mentre noi partimmo il 5 da Brindisi per tornarci il 12.

Durante il suo svolgimento fui presentato; presi la parola; parlai dell’inizio del mio primo Lavoro: l’elaborazione di un vocabolario griko Italiano e viceversa. Ci fu molto interessamento da parte di studiosi greci. Infatti una signora, Anna Papadimitriou, volle prendere visione della bozza del mio vocabolario e mi promise che lo avrebbe presentato a studiosi greci per una valutazione più minuziosa. La gentile signora si tenne sempre in contatto epistolare fino all’epilogo che dirò in seguito.

Albergavamo in un villaggio militare, S. Andrea, ben messo, sulla riva del mare Egeo, con locali dotati di conforti e personale militare molto disponibile e gentile. Infatti, quando il colonnello fu informato del mio desiderio di conoscere le associazioni dei non vedenti greci, mi pose a disposizione un’auto con autista per tutto il giorno e lo pregò di condurmi nei posti più belli di Atene e di farmi conoscere la sede centrale dell’Associazione ton tiflòn, dei non vedenti di Atene. Fui accolto nell’Associazione ellenica dei ciechi, (panellenios sindesmòs tiflòn) dal Presidente Margiolas Ilias, dal vice Kostas Grammenos, dalla segretaria e da altri soci come un fratello. Faceva un caldo asfissiante. Mi offrirono bibite fresche e Vollero sapere tutto di me. Mi misero in contatto con una Rivista parlata che, una volta tornato in Italia, mi spedivano quattro audiocassette in Lingua neo greca. Io conoscevo poco ancora il neo greco e mi aiutavo col nostro griko e con reminiscenze del greco classico. Potetti anche visitare un IstitutoLaboratorio, retto dalla direttrice non vedente Dimitra, disinvolta, ospitale, gentile e spiritosa. Fra l’altro, assistita da ragazze vedenti. Mi invitò ad osservare una statua a misura d’Uomo; era l’Immagine di Venere. Io cominciai a toccarla tutta. Era una bella riproduzione. La direttrice chiese alle ragazze se mi ero soffermato ad osservare il seno di Venere; infatti affermò che quella parte della statua era più deteriorata per il fatto che tutti i visitatori non vedenti volgevano la loro attenzione soprattutto su quella parte del corpo della statua; ci fu una risata generale. Nel cortile dell’Istituto vi era un albero di pistacchi, ma senza frutto; chiesi alla direttrice, come mai quell’albero non produceva frutti. Mi rispose che nelle vicinanze non esisteva un albero maschio e quindi non poteva produrre frutti. Poi mi fecero visitare il Laboratorio, dove potetti ammirare delle produzioni in metallo di cornici, insegne ed altro. Espressi la mia soddisfazione e congratulazioni per il buon andamento dell’Istituto, ringraziamenti per l’ospitalità e mi congedai.

Nello stesso anno, durante il convegno, ebbi il piacere, sempre accompagnato da Teresa, di visitare l’Acropoli. In quell’occasione, insieme con me, c’era anche il prof. Arcuri di Reggio Calabria, esperto d’arte. A mia richiesta riuscii ad ottenere l’autorizzazione di toccare tutte le opere d’arte a portata di mano; il professore me ne spiegava in dettaglio le principali caratteristiche. Fu una bella esperienza. Provai sensazioni indicibili: statue di fanciulle con gonnelline pieghettate; serpenti lunghi circa due metri che sembrava palpitassero; sarcofaghi immensi; colonne robuste e meravigliose.

L’ultima sera della nostra permanenza facemmo festa con danze, canti e sciampagne.

Edel

Dopo la maturità classica ciascuno dei miei compagni intraprese la sua nuova strada. Con alcuni mi sono rivisto più volte; con altri meno; con qualcuno mai. Uno di questi era proprio Fedele Stanca, ora per gli amici, Edel. Avevo appreso che era nei carabinieri e che ultimamente aveva guadagnato il grado di "generale", ma non ero mai riuscito ad incontrarlo, perché si era soffermato sopratutto al Nord.

Questa estate, mentre ero sulla spiaggia di Otranto a godermi il mare sotto l'ombrellone, poco lontano sentivo chiamare una persona "generale". Chiesi chi fosse e mi fu detto che era il generale Stanca. Mi son detto: non sarà certamente il mio compagno di banco del Liceo, perché, senza dubbio, mi avrebbe riconosciuto. Chiesi di parlare con lui e mi disse di chiamarsi Vittorio e di essere di Soleto. Allora gli chiesi se conosceva il generale Fedele Stanca. Mi rispose compiaciuto che era suo cugino e che villeggiava in una marina di Melendugno, a Torre dell'Orso in una sua abitazione. Mi disse che Fedele aveva il Telefono, ma non se ne ricordava il numero. Però mi aggiunse che lo avrebbe incontrato ai primi di settembre. Allora lo pregai caldamente di segnare i miei numeri del Telefono di Castrignano, di Otranto e del mio cellulare e che mi facesse chiamare. Mi promise che lo avrebbe fatto volentieri.

Infatti una sera squilla il Telefono: - Pronto! -

- Pronto. Il professore Greco? -

- Sì, sono io. -

Antonio! Sono Fedele Stanca! Il tuo compagno di banco degli anni di Liceo, al Palmieri! Come stai?....

E qui tutto il cerimoniale di un incontro, sia pur per Telefono, dopo ben quarantadue anni che non ci vedevamo. Mi invitò subito a pranzo presso il ristorante "LA SORGENTE" di Uccio Potenza, sulla spiaggia di Torre dell'Orso. Accettai con tanto piacere l'invito, e il giorno successivo ci potemmo abbracciare, commossi e felici.

- Son passati quarantadue anni, - mi disse; - ma ti trovo poco cambiato. Ti mantieni bene e mi fa tanto piacere. -

Io gli aggiunsi che lo trovavo bello e pasciuto. Infatti nel commosso abbraccio avevo notato che si era ingrassato un bel po'. Mi disse che anzi era dimagrito e che ora si sentiva meglio.

Ci sedemmo su una panca, a tavola, e cominciammo a raccontarci le nostre vicende di un'assenza così lunga. Mi disse che, raggiunto il traguardo di "GENERALE", aveva sentito il bisogno di ritirarsi in Pensione, e che ora voleva godere un po' la vita, dopo varie "palermiti". ([I]). Allietammo il pranzo (se così si può dire) raccontandoci le varie vicende delle rispettive famiglie.

A mia volta, lo invitai a cena a Castrignano, con la gentile consorte, per il giorno seguente al ristorante "LA VARRATA". Lì continuammo i nostri ricordi: i compagni, le compagne di classe ed altro.

Il 18 settembre ci volle al ristorante, mi pare che si chiami "IL CONTADINO", alla Serra degli Alimini, con una quindicina di altri suoi amici e parenti. Passammo una bella serata. Prese posto accanto a me, per starmi più vicino. Mi disse che all'indomani mattina sarebbe partito per Roma; poi per Firenze, dove possiede un'altra abitazione, e poi per Milano. Ma mi aggiunse che a novembre sarebbe tornato e che avremmo fatto altre cene. Io ero contento, e ci congedammo con tanta tenerezza e con la speranza di poterci incontrare molto presto.

Rispetto agli anni del Liceo, lo avevo trovato cambiato anche nell'umore: allora era più riservato, più contenuto, meno brioso. Ora lo trovavo estroverso, espansivo, giocherellone, festoso, gioioso.

Forse, però, in quegli atteggiamenti esteriori nascondeva un pathos velato, impercettibile, ma, a chi lo conosceva da giovane, non poteva sfuggire. Mi disse che non avevano potuto avere figli. Ma che si era rassegnato e che ora voleva godere la vita.

Aveva sposato una ragazza romana di nome Kelly, Donna molto simpatica, estroversa, dinamica, spontanea nelle sue manifestazioni, molto gentile e semplice, degna veramente di essere la sua fedele compagna della vita.

Era passata una settimana dalla loro partenza che un pomeriggio viene a casa a farmi visita Uccio Potenza.

- Professore, - mi dice - ti devo dare una brutta notizia: il generale è stato colto da infarto mentre era in macchina. Ha fatto in tempo a scendere, a chiudere la macchina, a consegnare le chiavi ad un barista, presso il quale si trovava, ed è crollato, ed ora è in rianimazione. -

Io son rimasto ammutolito, confuso, come se non volessi credere. Ho chiesto delle sue reali condizioni e mi ha detto che la signora gli aveva confidato la gravità del caso: coma irreversibile.

Mi arrabbiai, mi adirai. Ma è possibile, mi son detto, che ora che avevo ritrovato un amico, veramente amico, ora debba perderlo così presto e in questo modo barbaro? Ti arrabbi, ti alteri, ti accendi d'ira; ma con chi te la prendi? Anche questa volta mi son rassegnato a dire: "se vole Diu"! Ma purtroppo ora, mentre scrivo, devo concludere: "fazza Diu". Infatti ho ricevuto la brutta comunicazione che il generale avanti ieri, 4 ottobre 1994, è passato ad altra vita. Non dico il mio dolore e la mia costernazione.


I capitoli tratti dall'autobiografia "Un Cieco Che Vede" del prof. Antonio Greco, vengono pubblicati con l'autorizzazione dell'autore. Per contattare il prof. Antonio Greco e per informazioni sull'opera completa si può Scrivere a griconio@gmail.com