Biografia di Helen Keller. Tesi di laurea in psicologia del prof. Antonio Greco. Prima parte
Antonio Greco Aggiornato il 05/04/2022 08:00La Biografia di Helen Keller è proprietà intellettuale del professor Antonio Greco, che ne detiene tutti i Diritti. Per ulteriori informazioni vedere i "Copyright DELL'OPERA" in fondo alla Pagina.
IL NATALE DI HELEN KELLER
Helen Keller nacque il 27 giugno del 1880 in una piccola città dell'Alabama, in Tuscumbia, dove trascorse la sua prima infanzia.
La bambina cresceva bella e florida. A sei mesi già mostrava una sua personcina e una propria volontà non comuni. Si provava già a pronunciare le prime Sillabe: "Come state?"! ow d'ye).
E altri giorni esclamava: "Tea, Tea, Tea!".
Il tempo passava ed Helen veniva su mostrando il suo temperamento distinto. Il giorno del suo primo compleanno Helen si trovava tra le braccia della mamma che era seduta sulla terrazza. Un leggerissimo vento agitava le foglie. La bambina vide le loro ombre e con uno scatto deciso sgusciò dalle sue braccia come per afferrare quello che vedeva.
Ma... i primi passi senza aiuto finiscono quasi sempre con una caduta e un pianto dirotto.
Nel febbraio del'82, quando la bambina aveva ancora un anno e mezzo, fu colpita da una congestione acuta dello stomaco e del cervello.
Il dottore aveva detto che la bambina non poteva scampare dalla morte.
Ma anche egli si sbagliò. Passarono ancora dei giorni, e una mattina, contrariamente al triste presagio del dottore, la febbre scomparve e la bambina fu salva. I familiari la credettero guarita. Intanto passavano altri giorni e i genitori dovettero convenire che la loro piccina non era quella di prima, ma c'era qualcosa che la rendeva del tutto diversa. Infatti la bambina era diventata cieca e sordomuta.
Non avendo la possibilità di sentir ripetere le parole che già provava a pronunziare, pian, piano Helen dimenticò pure quelle. Ormai sapeva già distinguere col Tatto la mamma, il babbo e gli altri membri familiari, ed ancora bambina, si abituò ben presto nel silenzio e nelle tenebre, come se quelli fossero il suo mondo naturale. Dopo un periodo di tempo la famiglia Keller si trasferì in una abitazione più ampia e spaziosa, ed Helen aveva un bel da fare per girarla tutta dalla Cucina al guardaroba. Ben presto dimenticò che cosa fosse luce e Suono e s'ingegnava di rendersi conto di ciò che la circondava mediante l'unico senso più efficace che le rimaneva: Il Tatto. Ella girava tutta la casa tenendosi al grembo della mamma, oppure facendosi trarre per mano. Voleva conoscere tutto ciò che le stava intorno e toccava continuamente con le mani, spesso a spese degli oggetti più delicati che venivano toccati. Quei suoi primi passi furono i passi dei cocci.
Così Helen col Tatto ormai sapeva distinguere, oltre al babbo e alla mamma, anche i due fratellini maggiori, figli del babbo, e una zia; Belle, la cagna; i domestici e Marta e gli altri figliuoli del cuoco, neri. Ma ora non si accontentava di esplorare soltanto la casa dall'interno, voleva anche esplorare il Giardino e tutto ciò che vi era in esso. Si accorgeva che il suolo era ben diverso da quello della casa.
Helen ora distingueva le foglie, le piante e le erbe che vi erano nel Giardino.
Spesso, come i sordomuti, emetteva dei gridi, suoni inarticolati, incomprensibili. Ma dove non arrivava l'espressione dei suoni vocali inarticolati, giungeva in qualche modo la mimica. Infatti Helen riusciva già a farsi comprendere dai familiari imitando i gesti che le riusciva di toccare sulle mani degli altri. Era capace di esprimere e di comprendere solo alcuni gesti fondamentali; come: Dà, prendi, mangiare, sì, no.... Quando l'oggetto era vicino, allora veniva indicato; quando, invece, questo era lontano, allora cercava di imitare la sua forma, la sua grandezza e qualche qualità specifica. La prima a comprendere meglio la sua bambina, si sa, è sempre la mamma. Ella riusciva persino a mandare Helen su per le scale per farsi portare qualche oggetto. Naturalmente la sua bambina provava grande gioia quando riusciva a condurre a termine i compiti affidatile. Però spesso succedeva che Helen non capiva bene; e allora invece di un oggetto ne portava un altro; e questi malintesi erano frequenti. Aveva già fissato dei segni specifici, ben determinati.
Quando toccava un oggetto col dito, voleva significare che quello era suo.
Quando lo metteva accanto alla gota, invece voleva esprimere che quell'oggetto le era molto caro. Infatti quando voleva la mamma vicino a sè faceva cenno col dito alla gota. La sua condotta, spesso, procedeva in un susseguirsi di violente cattiverie e di collera. Però Helen sentiva in cuor suo che la sua mamma non era come tutti gli altri di famiglia. Per lei nutriva una vena particolare di grazia. Per esprimere la contentezza di sè, Helen si carezzava la mano; come segno di graditudine; invece carezzava la mano di chi le aveva fatto piacere.
Helen era amante delle birichinate. Di tanto in tanto ne combinava una. Un giorno tagliò i riccioli a Marta, e mancava poco che non facesse la stessa Operazione ai suoi riccioli se non fosse arrivato qualcuno a distoglierla.
Certo che era ardimentoso distrarre Helen da un capriccio.
A ogni desiderio non esaudito seguiva una collera terribile. L'unico mezzo per evitare queste collere era il distoglierla. Era molto difficile. Bisognava saperla prendere col mostrarle, magari, altri oggetti che potessero attirare la sua attenzione. Era continuamente in uno stato d'animo teso ed irritato. Ella col Tatto osservava il continuo movimento sulle labbra dei suoi simili. Pensava che fosse molto bello saper muovere le labbra; e si provava anche lei, ma senza alcun risultato. Allora ecco una nuova tempesta. Una delusione che sfociava in un pianto dirotto. Talvolta Helen dimenticava anche la causa per cui piangeva; e quando la burrasca era passata, eccola nel Giardino a rinfrescare il suo visetto tra i fiori. La cura suprema era evitare le sue collere. Helen se ne avvedeva benissimo e, come un tirannello, ne approfittava e ad ogni vittoria provava una gioia amara. La situazione si aggravava sempre più. La bambina cominciava a destare preoccupazioni, specialmente per le sue birichinate che diventavano sempre più frequenti. Un giorno toccò alla mamma rimanere per tre lunghe ore chiusa nella dispensa, perchè Helen, con gran suo divertimento, la chiuse a chiave, mentre era entrata per ordinare alcune provviste.
Un altro giorno stava per rovesciare dalla culla la sorellina Mildred, nata da poco, poiché nutriva per lei un odio cordiale. Con questo tenore di vita non si poteva andare avanti. Ma tutti erano scettici sulle cure, e a malincuore si volevano decidere di chiuderla in qualche Istituto.
LA CHIAVE DELLA Cella
La bambina aveva già sei anni quando i genitori decisero di condurla presso un medico oculista per farla osservare attentamente .
Erano ansiosi di sapere se si poteva fare qualche cosa per ridare almeno un po' di Vista ad Helen. Un giorno il babbo, la zia e la bambina si misero in treno. Ella si accorse che intorno c'era anche molta altra gente. Una signora regalò ad Helen una scatola di conchiglie e il babbo, praticato un forellino ad ognuna di esse, le unì a corona con un filo. Bisognava distrarre continuamente la bambina; perciò la zia le preparava una bambola di cenci. Helen, però, non se la lasciò scendere che la bambola fosse priva anche degli occhi, e se la zia non fosse stata svelta a levare due perle dal suo cappello per applicarle al visetto del mostro, sicuro si sarebbe andati incontro a una nuova collera di Helen. Intanto il treno correva sempre, ed Helen passava il tempo divertendosi a forare i biglietti insieme col conduttore; in questa atmosfera tranquilla si arrivò a Baltimora, luogo di residenza dell'oculista.
Il dottore disse che nulla si poteva fare per gli occhi di Helen. Un po' scoraggiati, ma ancora fiduciosi, si rimisero in treno, per recarsi a Washington. Giuntivi, andarono in cerca del dottor Bell, un bravo dottore specialmente coi bambini. Egli capiva tutti i gesti di Helen e conosceva tutto quello che si poteva sapere intorno ai sordomuti.
Anche questo bravo medico ripetè la sentenza del primo.
Tuttavia il babbo non si disperò, perchè ambedue i medici gli avevano detto che la bambina poteva essere educata.
Si tornò a casa. Helen portava con sè il ricordo amoroso del dottor Bell come un'impronta incancellabile.
A casa le stesse abitudini; le solite collere e i desideri violenti, e sempre vicini la mamma, Mildred, Belle e tutti gli altri.
I PRIMI GIRI DELLA CHIAVE
Il 3 marzo del 1887 Helen aveva già sette anni meno tre mesi.
La mamma quel giorno usCì in carrozza; però un po' tardi. Helen, curiosa ed impaziente, l'attendeva sulla porta. Poco dopo avvertì dalle vibrazioni del terreno, l'avvicinarsi di qualcuno e si avventò con tanta Violenza che per poco non atterrava la persona che si dirigeva verso di lei. Helen le toccò il vestito, il viso.... ma non capiva chi potesse essere. Poi le toccò le mani e si accorse che la sconosciuta aveva la borsa da viaggiatore. La bambina, sapendo che tali borse contengono quasi sempre dolci per i bambini, voleva aprirla ad ogni costo. Ma intervenne la mamma a farle capire che non doveva essere indiscreta. E qui sarebbe sorta certamente una nuova tempesta se la nuova arrivata non le avesse messo in mano immediatamente il suo orologio, scongiurando così una nuova collera.
Ma la bambina selvaggia non si dava per vinta. Si recò nella camera dell'ospite ed aiutò a cacciare e ad ordinare il contenuto dei bauli, essendo certa di trovare i dolci che non aveva potuto tirar fuori dalla borsa. I suoi movimenti erano febbrili e si acquietò finalmente quando le misero nelle mani una bambola che le mandavano le bambine cieche dell'Istituto di Boston con quella loro amica che le aveva lasciate per venire ad abitare con Helen.
Il nuovo dono fece felice la bambina che ora palpava attentamente la sua bambola. Ma, inaspettatamente, si sentì prendere una mano e avvertì che la sconosciuta poggiava le dita sulla sua palma in diverse e successive posizioni. Prima il pollice e il medio con l'indice allungato in cerchio; poi il pollice e l'indice in cerchio semplicemente; poi la mano a pugno con l'indice allungato, e un'altra volta la mano a pugno con l'indice allungato.
Helen pensava che fosse un gioco, poiché dopo un istante la sconosciuta ripetè ancora i quattro tocchi sulla palma della bambina nello stesso modo, e per molte altre volte ancora, mentre con l'altra mano le faceva sentire forte la bambola. Helen, essendo certa che si trattasse di un gioco, ben presto imparò a ripeterlo. Ma subito dopo miss Annie Mansfield Sullivan, così si chiamava la nuova arrivata che doveva fare da istitutrice ad Helen, le portò via la bambola e qui incominciarono le nuove ire e le nuove tempeste.
Helen si accorse ben presto che la nuova avversaria non era tanto facile da vincere; anzi era abbastanza forte e temibile.
Tuttavia non si volle dare per vinta, lei che fino a quel giorno aveva dominato senza condizioni, in quella famiglia.
Toltale la bambola, miss Sullivan le diede un pezzo di torta e ricominciò il giuoco delle dita, appoggiandole sulla palma di Helen, questa volta in altri modi, mentre con la mano che rimaneva libera le faceva toccare un pezzo di torta, cake in inglese.
La bambina neanche lontanamente poteva capire il vero significato di quel toccare e ritoccare e ritirare delle dita della istitutrice. Ognuno di quei segni rappresenta una lettera dell'alfabeto manuale usato dai sordomuti, specialmente in passato. Ora da quasi ottanta anni si usa fra di essi il Metodo parlato; cioè parlano e per capire seguono il movimento delle labbra di chi parla, e quindi odono con gli occhi. Ma Helen non vedeva ed allora era necessario farle toccare i movimenti e i segni delle dita, per farle capire che i segni volevano indicare l'oggetto che contemporaneamente le si faceva sentire con l'altra mano libera. Quindi Helen doveva imparare ad udire col Tatto. Il giuoco viene ripetuto ancora una volta, e anche questa volta la bambina prestò profonda attenzione da saperlo fare a perfezione. Il compito di miss Sullivan era quello di farle capire che gioco ed oggetto rappresentavano il medesimo signficato e che quindi, ogni volta che si faceva il primo gioco, la bambina doveva capire che si trattava della bambola. Infatti quei quattro tocchi delle dita erano le quattro lettere della parola d-o-l- l- (bambola) e i quattro seguenti, mentre teneva la mano sulla torta, erano le quattro lettere della parola c-a-k-e (torta).
La maestra era contenta del primo risultato e dette in premio alla bambina la bambola, facendole capire che per quel giorno bastava. Ma Helen punì la sua istitutrice della libertà che s'era presa, andandosene nella sua camera e non facendosi più vedere per tutto quel giorno.
Miss Sullivan era in continua battaglia con la bambina e ce ne volle per costringerla a lavarsi, a pettinarsi, ad abbottonarsi le scarpe e a ripetere le parole che le insegnava sulla mano.
L'istitutrice ne era molto sconfortata e si sfogava scrivendo una lettera alla sua direttrice dell'Istituto di Boston. Ella le era cara come una mamma; le scriveva per informarla dei primi esiti della bambina che veniva a mettere un saggio della sua gentilezza, posando le sue dita sul Foglio appena uscite dal calamaio.
Ma il giorno dopo la battaglia infuriava ancora più forte.
Quando si andò a tavola Helen mise le mani nei vassoi che giravano e anche nel piatto dei vicini; ma nel piatto di miss Sullivan non riuscì a metterle; anzi non doveva metterle. La bambina, insolita ai divieti, si buttò per terra, tirò calci, gridava, tentando di rovesciare miss Sullivan dalla sua seggiola. La famiglia Keller era tanto turbata dalla scena che abbandonò subito la sala. Non potevano vedere quella infelice soffrire ancora di più.
Anche miss Sullivan soffriva; ma tuttavia, se voleva vincere la battaglia, doveva essere impassibile. Helen dalle vibrazioni del pavimento sentì che qualcuno andava via; e, alzatasi, fece un giro intorno alla tavola, restando stupita, poiché trovò soltanto miss Sullivan che, benché molto triste e scossa, continuava a recitare la sua parte, fingendo di mangiare. Ora le toccava prendere dei pizzicotti per difendere il suo piatto. Helen non doveva mettervi le mani; e anzi, se voleva finire la sua colazione doveva mangiare col cucchiaio. Se la bambina lo buttava in terra, miss Sullivan la costringeva a raccattarlo. La battaglia era aspra e lunga.
Più tardi, mentre la bambina era fuori al sole a ristorarsi, miss Sullivan si buttava sul letto, sfinita, piangendo amaramente. La maestra aveva incontrato un avversario potente e deciso.
Helen era cresciuta per ben cinque anni e mezzo senza essere mai contrariata. La famiglia Keller le concedeva qualsiasi bizzarria, pur di non vederla infuriare e aumentare le sue pene. Ma erano proprio queste le maggiori sofferenze e le più perniciose malattie da cui miss Sullivan la doveva guarire.
IL PRIMO RAGGIO DI SOLE
Dopo quell'istante di scoraggiamento a miss Sullivan balenò un'idea felice nella mente: bisognava che la bambina fosse a sua completa disposizione, lontana dalla troppo indulgente famiglia, finché la scolaretta avesse, prima d'ogni cosa, imparato ad obbedire. I genitori dettero il loro consenso e i preparativi furono fatti subito.
Così Helen si trovava nella sua nuova dimora, lontana un quarto di miglio dalla sua casa, con la sua maestra.
Si annoiava di trovarsi vicino soltanto l'istitutrice. Ma la quietava la cena e il lungo seguito di bambole che le facevano compagnia. All'ora di andare a letto incominciava l'altra scenata. Miss Sullivan doveva lottare per due ore prima di riuscire a tenerla quieta sotto le coltri. Ma alla mattina la bambina era dolcissima, benché molto triste.
Ella era sull'uscio, come se aspettasse qualcuno e si toccava ripetutamente la guancia... Forse voleva tornare a casa.
Voleva rivedere la mamma, poiché quando voleva indicare una cosa a lei molto cara, indicava toccandosi la guancia.
Tuttavia non vi furono burrasche, Nè per quel giorno, nè per quelli successivi. Helen a malincuore si convinceva che doveva sottostare ai comandi della nuova arrivat, e che quando lei diceva sì, doveva essere sì; e quando diceva no, indiscutibilmente no.
Questo cercava miss Sullivan. Dopo qualche giorno che l'istitutrice ed Helen erano nella nuova dimora, così isolate, la signora Hopkins, direttrice dell'Istituto di Boston, ricevette da lei queste parole: "Il cuore mi canta di gioia. Si è compiuto un miracolo, la creaturina selvaggia di dieci giorni fa si è cambiata in una gentile bambina".
Per miss Sullivan era una grande soddisfazione potersi prendere in collo la exribelle e tenerla un minuto o due, anche se le carezze e i baci non le erano ancora ricambiati; oppure starle vicino quando arrivavano i pasti dall'altra casa e il moretto che le serviva a mensa. Ora non esistevano più i movimenti morbosi e strani che impressionavano chi la vedeva. Non c'era più l'impressione di scontento che turbava il visetto della bambina.
Ma non era soltanto miss Sullivan a godere di quel miglioramento, bensì anche il babbo, che le era il più vicino di tutti; egli la osservava mentre infilava le perle o tracciava righe, o faceva il punto a catenella con l'uncinetto, avanti, avanti, finché la catenella arrivava da un punto all'altro della stanza.
Un bel giorno, mentre Helen stava facendo il bagno alla sua bambola, si arrestò improvvisamente. Lasciò affogare la bambola nella tinozza e si mise a cercare nella stanza a tentoni. Ad un tratto inciampò in un corpo peloso... La bambina riconobbe Belle, la vecchia cagna. Helen la abbracciò e le sedette vicino. Poi le prese immediatamente la zampa e le scrisse d-o-l-l. Anche ella voleva che Belle dovesse imparare a compitare. E ci vollero ben due anni per convincerla che gli animali che la circondavano non potevano parlare.
Tutto ora procedeva nel migliore dei modi. Ma la piccina era palliduccia, e aveva perso l'appetito. Forse erano i sintomi di nostalgia della vecchia casa. Il padre decise che tornassero alla vecchia dimora.
Miss Sullivan avrebbe voluto ancora trattenerla distante dalla famiglia; ma ormai era disposta a continuare la lotta in qualsiasi condizione, pur di Salvare la vittoria ottenuta.
Helen doveva essere uno strumento docile nelle sue mani. Solo così, col tempo e con la pazienza, miss Sullivan poteva fare di lei una creatura nuova; poteva plasmarla a suo piacimento.
Helen era pronta, sveglia e attiva come il lampo, e miss Sullivan aveva buone speranze nel successo.
"WATER”
La bambina aveva già imparato parecchie parole che scriveva e si faceva Scrivere sulla mano dalla sua maestra. Aveva imparato: Bambola, tazza, bicchiere, spillo, latte, candito, Occhio, dito, dito del piede, testa, torta, bambino, madre, sedere, camminare, coltello, forchetta, cucchiaio, piattino, letto, correre e qualche altra. Pian, piano nasceva il desiderio nella bambina di apprendere sempre nomi di nuovi oggetti, conscia che ogni oggetto avesse un nome. Infatti, a volte, carezzando la mano della sua maestra, indicandole un oggetto, ne domandava il nome. Era contenta che con quei movimenti poteva ottenere più presto quello che desiderava. Però quel giuoco di gesti era ancora molto ristretto per poter permettere alla bambina di potersi esprimere largamente. Ella pensava con quei segni di potersi esprimere soltanto con la sua maestra.
Neanche lontanamente poteva pensare che in avvenire avrebbe potuto comunicare con tutti i suoi simili. Ma quello che non capiva lentamente, lo capì in un momento solo.
Un giorno d'aprile Helen si recava con la maestra fuori all'aperto, sotto la fontana del suo Giardino, quando avvicinò una sua ciotoletta da riempire. L'acqua fresca e limpida le inondava la mano. Miss Sullivan, come al solito, le afferrò l'altra mano e le scrisse sopra: Water (acqua)... Momento emozionante. La ciotoletta sfuggì dalla mano della bambina, e miss Sullivan guardò stupita il visetto di Helen improvvisamente trasfigurato Water! Quand'era piccina, piccina, prima della malattia, ella sapeva dire Water. e anche dopo, qualche volta cercava di pronunziare questa parola, lasciando uscire dalla Bocca soltanto un wa.... wa Una reminiscenza si ridestava in lei dell'anno vissuto da veggente e da udente, "come la coscienza confusa, come il bagliore repentino di cosa dimenticata da gran tempo!"....
Water, water, compitò ella stessa più volte sulla mano e poi si lasciò cadere in terra serbando sul viso quella luminosa espressione di vittoria.
Che è questa? - Domandò avida a miss Sullivan.
- Terra. -
- E questa? -
- Fontana. -
- E questo? -
- Pergolato. -
- E tu chi sei? -
- Teacher. - Rispondono le dita di miss Sullivan, mentre fissava sempre più intensamente la bambina.
Aveva ragione di chiedere: - E tu?
Poiché neanche la mamma, a cui voleva tanto bene e che le voleva anche lei un gran bene, aveva saputo abbattere le pareti del suo carcere e infonderle un raggio di amore così profondo da rimanerle quel giorno come la giornata stessa della sua redenzione.
Tornando a casa, Helen ebbe un'avidità insaziabile di chiedere continuamente nomi alla sua redentrice, eccitatissima per il grande evento. In casa cercava di ricomporre i cocci di una bambola che era stata vittima di un suo capriccio. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Sentì di essere stata cattiva: ma per la prima volta si accorse che cosa significasse rimorso.
Il pensiero, nato appena, le faceva già comprendere amore, gioia, dolore, coscienza...
La sera di quella giornata Helen era una creatura felice, e per la prima volta era impaziente che venisse presto il domani.
Ma prima di prender sonno, balzò dal letto e si gettò nelle braccia della sua maestra, dandole un bacio, uno di quei baci così rari che finora aveva serbato soltanto alla madre.
Miss Sullivan fu molto contenta, poiché da tanto tempo attendeva quel momento e ora, che era giunto, le pareva che "il cuore le scoppiasse di gioia".
Il giorno dopo Helen era raggiante come una fata, felice, gaudente e bramosa di ricominciare subito le lezioni del sapere.
Dove arrivavano le sue braccia voleva estendere il suo sapere, e anche più in là, nei segreti di quel suo mondo oscuro e ignoto.
Era un animaletto Helen; in un istante diventò una creatura umana che sapeva amare, sapeva gioire, sapeva soffrire e sapeva apprendere.
Era passato poco più di un mese dall'arrivo di miss Sullivan ed Helen aveva fatto grandi progressi.
IL PRIMO TRIMESTRE DI VITA
Dopo i primi tre mesi di Scuola Helen si poteva paragonare a una sua cuginetta di quindici mesi per la parola. Ella spesso veniva a trovare Helen in casa, e tutti i bambini, in generale, sono più le parole che capiscono che quelle che sanno dire.
Ella capiva se la mandavano a chiudere l'uscio, sapeva prendere l'oggetto che le veniva chiesto; sapeva indicare il suo nasino, un Orecchio e l'altro, il mento ed altre cosette della sua portata, perchè i bambini, mescolati coi grandi ed incitati da essi, si liberano dal loro torpore ed imparano molto imitando.
Miss Sullivan pensava che anche Helen dovesse esser trattata come un bambino normale. Cioè non si doveva pretendere da lei che ripetesse a perfezione tutto quello che le veniva insegnato. Non bisognava farle delle vere e proprie lezioni. Era importante, invece, che comunicasse con più persone possibili.
Ora la sua mano era a portata di miss Sullivan e riceveva sempre lo stesso chiaccherio vario che ricevono le orecchie degli altri bambini. Ormai Helen sapeva dire svariate parole: E la minestra, e la merenda, e dove è la mamam? e prendi il cappello, si va a spasso, e prendi la palla... e il pappo e il dindi!
Helen faceva passi da leone. Era avida di apprendere sempre e ogni giorno si andava sempre più avanti, mentre lo spirito fluiva attraverso la mano piccina, mentre la maestra si prodigava e guardava contenta la bambina ogni giorno sempre più raggiante in quel suo visetto pieno di espressione.
Ora anche la mamma sapeva Scrivere sulla mano di Helen. La bambina era diventata più buona, aveva messo da parte un bocconcino di un suo candito per la sorellina Mildred. Ma la mamma le scrisse sulla mano:
- No, bebi, mangia no.
Helen capiva e andava a toccare la Bocca di Mildred. Infatti Mildred non aveva denti, e quindi non poteva mangiare pasti solidi.
- Denti - le insegna la mamma ed Helen:
- Bebi denti no. Bebi mangiare no.
Oltre alla mamma, tutti in casa impararono a Scrivere con le dita per essere ammessi a parlare con Helen; ed era ella stessa che voleva Insegnare a tutti per avere facoltà di parlare con più persone ed estendere la sua vitalità che ora non conosceva freno. Anzi un giorno era Helen che portava notizie agli altri.
- Cane bambino! Cane bambino!
Miss Sullivan non capiva che volesse dire.
Erano nati cinque cagnolini. Helen voleva sapere come si dovevano chiamare. - Chiedilo al babbo - le scrisse miss Sullivan. - No, mamma. - Risponde la bambina.
Pare che Helen pensasse che, trattandosi di bambini, se ne intendesse più la mamma del babbo. Fra i cagnolini ce n'era uno più piccolo e miss Sullivan le scrisse: - Molto piccolo. - Helen per dar prova di aver capito le dette l'esempio di un sasso piccolo e di un sasso molto piccolo. E mentre prima usava un suo segno per indicare una cosa molto piccola, ora non lo faceva più.
Helen era molto intelligente e attiva, e soprattutto assetata di allargare la sua cognizione sulle cose intorno. La vita era tornata a renderle l'amore, la gioia, la felicità e la brama di vivere.
RAPIDO PROCESSO
Per distrarre Helen, miss Sullivan dapprima usò perle, cartoncini e fuscelli; ma in seguito usò non più quei divertimenti cari agli asili d'infanzia. Ora Helen doveva girare liberamente in casa e nel Giardino e toccare tutto ciò che di naturale le poteva capitare sotto le mani. Così poteva imparare meglio.
Helen era partita da zero. Ora, vicina al suo settimo compleanno, era da più di una bambina di tre anni nell'espressione del suo parlare.
In media, nel miglioramento, procedeva di un anno ogni mese, da quando miss Sullivan era arrivata in casa sua. Quindi Helen non aveva più bisogno di cartoncini, fuscelli o altro. Aveva davanti a sè i modelli della natura in quella deliziosa campagna.
Quasi ogni giorno Helen e miss Sullivan facevano la loro solita passeggiata alla riva del Tennessee, il grande e bel fiume che è la loro mèta preferita. Quanto tempo impiegassero durante la via non si può dire, perchè le loro soste erano innumerevoli. Ora si fermavano a cogliere fiori; ora ad acchiappare insetti; ora a godere della bella aria pregna di odori campestri; ora ad osservare piante e cose sconosciute ad Helen. Insomma miss Sullivan affermava che Helen trovava tante cose da domandare durante la via che le pareva di non avere mai osservato nulla in passato.
Al fiume, lezioni di Geografia. Coi sassi si disegnavano fiumi, isole, isolotti, monti, piani, valli, dighe e laghi. A sera, tornate a casa, Helen raccontava tutto ai familiari. Parlava di tutto quel che aveva conosciuto: animali, piante, profumi, il fiume. Nelle sue narrazioni facilmente faceva confusione di verbi e aggettivi, causata dalla sua mente non ancora sicura. Ma lei l'ascoltava e fingeva di aver seguito molto bene e attentamente e la lodava e incoraggiava facendola felice. Però Helen non era ancora doma del tutto. In quel mese di giugno aveva ancora una di quelle sue bizze di cui pareva avesse perduto il ricordo; ma poi ne era molto desolata. Miss Sullivan faceva sentire la sua presenza ed Helen assicurava che sarebbe stata buona per fare la maestra felice. L'istitutrice rideva contenta, perchè la nuvola si era dissipata. Ma bisognava che ella vincesse quella vecchia abitudine di gettare tutto per terra. Helen, per essere tranquilla, metteva la sua bella bambola nuova su uno scaffale alto per non toccarla mai più.
Ora Helen aveva altre bambole con cui baloccarsi. Quella cara bambolina di Mildred ora si sentiva sicura con Helen. Quella che prima era stata causa di furente gelosìa, ora era l'oggetto di un soavissimo amore.
I familiari godevano nel vedere Helen e Mildred giocare felici nel Giardino. Ma la bambina non poteva sentire il festoso cinguettio della sorellina minore, nè questa capiva ciò che Helen le scriveva sulla mano.
Certo chi l'avesse Vista prima dell'arrivo di miss Sullivan, vedendola ora, forse, non la riconoscerebbe più. La cieca sordomuta selvaggia era diventata docile; era diventata buona, amorosa e affettuosa con tutti. Tuttavia Helen doveva ancora molto lottare per schiudere alla luce del sole ogni angolo della sua Cella.
IMPARA LA Scrittura Braille
Un altro grande passo fu fatto da Helen.
Dapprima le scrivevano in Rilievo coi caratteri comuni qualche parola. Poi la scolaretta incominciava ad imparare la Scrittura Braille. Le venivano messi a disposizione dei grossi libri ad uso dei ciechi.
Questi libri hanno le pagine grosse e resistenti, tutte piene di forellini rilevati dal Diritto e molto sensibili. Se invece venissero fatti su carta sottile non reggerebbero allo strisciare delle dita e non sarebbero sensibili.
Sulle prime, sia a miss Sullivan che guardava con gli occhi, sia a Helen che guardava con le dita, sembrava una grandinata. Questa Scrittura si basa su un gruppo di sei punti, due gruppi di tre in verticale e tre di due in orizzontale coi quali, con due, con tre, con cinque, con uno, a secondo della loro posizione, si possono fare ben sessantatrè segni, l'uno diverso dagli altri. Da più di cent'anni i ciechi usano questo provvidenziale alfabeto inventato da Luigi Braille.
In quell'inizio Helen si accontentava di strisciare le dita sui righi di quei grandi libri per trovare di tanto in tanto una di quelle parole che erano comprese nel suo ancora ridotto Dizionario. E ogni volta che ne trovava una esplodeva di gioia; e ogni volta che provava una gioia maggiore, sentiva il bisogno di abbracciare miss Sullivan.
Helen mostrava una grande passione per il nuovo sapere, tanto che si portava anche il Libro a letto...
La bambina era molto amante delle favole. Infatti ne godeva molto quando miss Sullivan le raccontava: c'era una volta un'ape... e c'era una volta un gattino, c'era una volta un nano, c'era una volta un ragazzo...
In seguito Helen si interessava anche della Matematica e imparava a contare. Contava le piante del Giardino; gli oggetti di casa; insomma tutto quello che le veniva a capitare sotto le mani avide di protender- si.
Il suo progresso si manifestava di giorno in giorno. Ora la bambina sapeva formare anche proposizioni. Il vestito è nel baule; é sul baule. Per rendersi meglio conto lei stessa si faceva attrice. Helen è nell'armadio. Helen è sulla seggiola. Un altro giorno faceva vedere di avere imparato anche i pronomi. Miss Sullivan le diceva: Helen andrà su. - Helen ride e risponde:
La maestra sbaglia. - Andrete su - deve dire. - La scolaretta aveva tutta la volontà protesa sempre in avanti; e quello che prima le sembrava difficile, in seguito le sembrò un passatempo; e così di giorno in giorno si volle interessare anche dei colori. Sul suo Libro trovava scritto: scuro. “Che significa scuro”? Miss Sullivan era sempre pronta a spiegare. Ma Helen era insaziabile. E questo? E quest'altro? Voleva conoscere il Colore di ogni oggetto di casa.
Helen si interessava anche del Colore della gente. Lei era bianca; mentre Wilney, il piccolo servo, era negro. La bambina ne ricavava subito la formula: I padroni bianchi e i servi neri? E chi non era nè padrone, nè servo? - Blu, - proponeva lei stessa.
E che Colore è pensare? - Domandava ancora Helen.
“Quando siamo buoni”, - rispondeva la maestra, - i nostri pensieri sono bianchi, e quando siamo cattivi, sono neri. -
Ma la scolaretta non soltanto leggeva, ma scriveva anche: incideva le pagine col suo Punteruolo, entro lo Speciale apparecchio: una Tavoletta con i righi formati da piccoli rettangolini che si susseguono, entro cui vengono fatti i forellini. Ma Helen imparava a Scrivere anche con un altro apparecchio a quadretti, sicché le lettere venivano invece quadrangolate. In generale ella preferiva Scrivere Braille; anche perchè poteva Leggere quello che scriveva; mentre, scrivendo col lapis in quello Speciale reticolato coi quadratini, non poteva Leggere il suo scritto. E quando non aveva ragione, trovava pretesti per poter usare la sua Scrittura preferita. Quando miss Sullivan le voleva imporre di Scrivere col lapis, ella rispondeva che il lapis aveva la punta stanca. E la maestra insisteva: - Come farà lo zio Frank a Leggere la tua lettera? Helen si proponeva di insegnarglielo. Miss Sullivan insisteva che egli era vecchio e non sarebbe stato capace di apprendere; e allora Helen: - Allora è troppo vecchio anche per Leggere i caratteri piccini. - La cugina Anna Georges ha conservato una sua lettera; una delle più antiche, da Helen col lapis, senza segni di interpunzione, senza firma e con le parole tremolanti, una del giugno del 1887: tre mesi e mezzo dopo l'arrivo di miss Sullivan.
Qui viene riportata nella sua genuinità.
"Helen scrive anna giorgio darà helen mela giacomo regalerà pezzetti candito dottore darà mildred medicina mamma farà vestito nuovo mildred."
Ma dopo qualche settimana i periodi si fecero più complessi e la forma più corretta. E quando in quei giorni miss Sullivan ricevette una lettera da Laura Bridgman, una sordomuta cieca che aveva destato lo stupore in tutto il mondo per quanto era riuscita ad imparare, in casa Keller si esclamò:
- Ma, miss Annie, ormai Helen sa Scrivere bene, come lei!
Il continuo sforzo mentale di Helen la faceva diventare pallida da destare preoccupazioni. Anche il dottore diceva che la sua mente era troppo attiva; troppo raccolta. Si dice che Helen era stracarica di Lavoro; ma non si poteva impedire ad una scolaretta così intelligente, il pensare. Nulla aveva ella di diversivo che le permettesse di distogliere la sua attenzione dal continuo pensare.
Per fortuna un temporale e una pioggia ristorarono i fiori e gli alberi; anche Helen fu ristorata, poiché il suo deperimento era causato dal caldo eccessivo. La bambina corse a verificare se alberi e fiori avessero bevuto l'acqua benefica. Era vispa più di un uccello. La famiglia Keller era lieta di vedere la bambina ristabilita; Miss Sullivan godeva di soddisfazione. Voleva che la sua Helen crescesse come una rosa e forte come un leone. Helen si sentiva rinascere nel Giardino in mezzo a quei fiori freschi e profumati. Ne toccava continuamente e ne raccoglieva.
LA FESTA DI NATALE
Altri mesi erano passati e si avvicinava la festa di Natale.
Tutti in casa preparavano sorprese per Helen; ma a lei facevano capire qualche cosa con parole interrotte, e le nascondevano i preparativi che lei intuiva dal silenzioso movimento in casa, benché non le dessero spiegazioni.
Ma non solo i familiari si davano da fare per preparare altre gioie ad Helen; anche la bambina e miss Sullivan preparavano i loro piani per rispondere ai colpi dei familiari.
La vigiglia di Natale Helen venne invitata alla Scuola per partecipare alla festa dell'albero di Natale fatto per gli scolari: la bambina si meravigliò di toccare per la prima volta un albero in una stanza, con tutti quei doni attaccati ai suoi rami. Helen esprimeva con movimenti e col suo visetto sorridente la sua manifestazione di gioia. Toccava a lei distribuire tutti quei doni; ma lei credeva che fossero tutti per sé. Invece servivano per quei bambini che come lei avevano bisogno di conforto e di gioia. Helen fu più contenta e contribuì con gioia alla festa dando i suoi doni a una bambina che aveva avuto meno doni degli altri. Finita la distribuzione miss Sullivan era molto stanca. Helen, invece, era fresca e viva come una rosa. Distribuì carezze e baci a tutti e a molti volle Insegnare a parlare sulle dita. Finita quella festa ora non se l'aspettava quella di casa.
Helen attaccò sotto il camino due calze, temendo che san Claus ne potesse dimenticare una. La bambina aveva molti scrupoli: "E se san Claus credesse che le bambine fossero due?”. Ma Helen non trovò soltanto doni nelle calze, ma dappertutto: sulla tavola, sulle sedie, sul davanzale della finestra, e Tim, il canarino, che miss Sullivan le aveva regalato, cantava allegramente. Ma il canarino non visse a lungo e ben presto andò a finire in Bocca al gatto.
Vi fu molta differenza tra quel Natale e quello dell'anno precedente!
I familiari erano tutti commossi; in special modo il babbo e la mamma. La mamma con le lacrime agli occhi disse:
- Miss Annie, ringrazio Dio di averla mandata fino a noi. Non ho mai capito bene come stamane quale benedizione lei sia stata per la nostra famiglia. -
Il capitano, invece, le strinse la mano con tanta espressione che quel silenzio fu più dolce delle parole. Il cuore di miss Sullivan ”fu pieno di graditudine e di gioia solenne”.
Quel Natale del 1887 rimase incancellabile nella memoria di Helen.
LA Cella CROLLA
Helen conosceva ed era conosciuta soltanto dalla stretta cerchia dei suoi familiari e da poche altre persone.
Le enormi difficoltà non resistevano al crescente impeto della coraggiosa bambina.
Helen ora poteva attuare i suoi desideri di viaggiare in tutto il mondo, dall'Africa all'Asia, dall'Europa a tutta l'America.
La casa era troppo piccola per lei che era diventata una personcina così ragionevole. Aveva bisogno di evadere per accrescere, con l'aiuto delle altre persone, a lei più necessario che a qualsiasi altro bambino. L'esperienza della vita e le cognizioni della grandezza della natura. Già nell'agosto del 1887 aveva fatto il suo primo viaggio, soggiornando a Hunteville, all'albergo, tra una festa di carezze e di doni. L'88 fu un anno di viaggi per Helen, di conoscenze, di piaceri e di divertimenti. Helen diceva:
- Mi stupisco ancora di quanto imparai! Allo spettacolo della vita che palpitava in tutte le cose, il mio intelletto si aprì a concezioni più vaste, le idee pullularono, s'incalzarono, si moltiplicarono prodigiosamente. -
Quando si viaggiava in treno gli occhi di miss Sullivan erano anche gli occhi di Helen. Con gli occhi di miss Sullivan Helen, attraverso le due mani, vedeva le colline, vallate, monti, gallerie, mandrie sulle vaste praterie, campi coltivati a cotone, ponti di fiumi, giardini fioriti. E nelle città Helen vedeva con gli stessi occhi chiese, monumenti, magazzini e le occupazioni del popolo distribuito nelle sue faccende. Helen si sentiva in un mondo nuovo; e con gesti e con parole faceva capire di volere apprendere sempre di più per dissetare i suoi ardenti desideri.
Nel maggio dello stesso anno Helen e miss Sullivan andarono in visita all'Istituto dei ciechi di Boston. Qui erano felici tutte e due e furono accolte da grandi manifestazioni di gioia. Helen per la prima volta non ebbe bisogno dell'interprete, perchè le bambine dell'Istituto conoscevano l'alfabeto manuale, avendolo usato anche prima, quando c'era Laura Bridgman. Helen parlava con tutte liberamente. Era molto lieta di avere a sua disposizione la grande Biblioteca dei libri in Braille, e un museo di bestie imbalsamate, di conchiglie, di modelli di fiori, di piante ed altro.
Quando arrivarono le vacanze, l'Istituto si chiuse, ma Helen non perdette tempo e via al mare.
Anche il mare fu per Helen uno dei più grandi divertimenti. La prima volta che si tuffò, lo fece con tanto coraggio, con tale ardire che per poco non annegava; ma miss Sullivan era sempre pronta e la accoglieva nelle sue braccia salvatrici. Riavutasi, Helen stupita domandò chi mai avesse messo il sale nell'acqua... Ogni giorno faceva visite a nuove navi apprendendo ogni specie di spiegazioni. Le sue gite furono frequenti.
Dopo il mare la villeggiatura a Fern Quarry. Qui si dilettò a fare corse nei boschi, a godersi il via vai dei cacciatori. La scolaretta aveva il cuore trabboccante di gioia nel passare continuamente da un incanto all'altro. Ora Helen era in grado di Scrivere letterine veramente preziose, poiché difficilmente bambini suoi coetanei le componevano. Si potrebbe dire che lo Scrivere le servisse di sfogo per esprimere i suoi sentimenti molteplici.
Le sue lettere erano dirette a parenti, professori, poeti, a tutti quelli che conosceva. Esse erano spontanee.
Scriveva quello che sentiva. Capitava a venerabili persone che ricevessero lettere dalla bambina, di essere informate che il muratore era colui che faceva le case, che l'astronomo studiava i fenomeni celesti, che le farfalle non avevano il miele. E nello stesso tempo erano informati dei vestiti che Helen riceveva in dono, del cappellino nuovo, dei riccioli che la maestra le faceva, se fosse stata buona.
Dei troppo suoi bambini, Nancy sempre ammalata, e Cedric e Adelina che pativa di malumore, e Allie dal vestito rosso, ecc.
Spesso nelle lettere di Helen succedeva una confusione per cui colui che leggeva doveva stare attento a non confondere bambole con cani, piccioni con conigli, e addirittura, coi fratellini che man mano venivano ad accrescere la famiglia Keller.
La fantasia della bambina era grande. Aveva in mente molti progetti: si recherà in Africa con un capitano suo conoscente e porterà in casa orsi comprati da quella regione; porterà ancora leoni e scimmie. In Cina insegnerà a parlare alle bambine di quel luogo con le dita; in Francia parlerà francese con le bambine francesi: "Parlez vous francais? –Oui, monsieur, vous avez un jioli chapeau". In Inghilterra andrà a trovare lord Cedric, l'eroe del Libro che l'aveva rapita di entusiasmo. In Olanda c'era Gu- glielmina, la piccola principessa che diventerà poi regina; e in Italia c'era il principe di Napoli a cui le piacerebbe dare un bacio!.
Diceva che Mildred non andrà con lei, perchè era troppo piccola per affrontare la vastità dell'oceano e la Vista delle grandi bestie feroci. Helen scriveva anche al padre che si lamentava coi calabroni, coi bachi, con gli uccelli che gli devastavano i frutteti squisiti. "Amano i frutti sugosi quanto la gente, e hanno fame. Non è poi gran colpa se mangiano l'uva".
Helen voleva bene a chi, di fronte agli altri sembrava infelice.
Al confronto tra Neddy e Black Beauty, asino e Cavallo, in cui il povero Neddy scalpitava tanto e appariva anche un po' ridicolo con quei suoi orecchi lunghi, diceva: "Povero Neddy, non ne hai colpa, e Io ti amo come se tu fossi la più bella bestia del mondo".
AMORE
Intanto di Helen si cominciava a parlare ovunque. Recatasi a Menfi, dalla nonna, molta gente la volle conoscere; e si susseguivano inviti a feste e doni.
Poco tempo dopo si recò a visitare un circo; e qui pubblico, pagliacci, domatori di belve e cavallerizzi si innamorarono di lei. Gli attori del circo facevano a gara per starle vicino; e giù nell'arena, si facevano toccare i vestiti e i visi, a farle godere quanto più era possibile dei loro giochi movimentati. Venivano palpati gli animali più mansueti, e la facevano girare sull'elefante. Stringeva anche la zampa all'orso, e la sollevavano su, per farle toccare gli orecchi della giraffa. Helen non si divertiva meno del pubblico, specialmente quando uno scimmiotto riuscì a portarle via il fiocco dai capelli. Nel congedarsi tutti ricevettero un bacio da Helen, e si commossero e piansero. Anche l'Uomo selvaggio di Borneo pareva tutto scombussolato.
Ad Helen rimase molto impresso quel circo; e anzi, quando stava a casa, si divertiva a camminare con quattro gambe, mettendosi sulla schiena un guanciale per imitare il cammello. E faceva tante di quelle domande intorno agli animali, per cui miss Sullivan era costretta a consultare trattati di Storia naturale.
Miss Sullivan ed Helen a Washington si incontrarono col Presidente della Repubblica, e a Cincinnati trascorsero una settimana in mezzo a un convegno di dotti che esaminavano Helen e interrogavano specialmente miss Sullivan. Ma la conversazione erudita veniva interrotta di tanto in tanto dalla vivacità di Helen che non poteva fare a meno di esprimere i suoi scatti di allegria abbracciando tutti, tanto che, chi le stava vicino diceva: "Che fortuna viverle accanto"!
In particolare, quei dotti chiedevano a miss Sullivan come avesse fatto per Insegnare ad Helen gli aggettivi e le idee astratte. Lei spiegava che le era riuscito molto facile, e che le pareva impossibile che ci fosse bisogno di tante parole. Helen conosceva già ciò che era grande e piccolo, dolce e amaro, buono e cattivo; quindi quale bisogno c'era di insegnarle la definizione di quelle parole? In quanto alle idee di bontà, di felicità, di amore... Helen sentiva molto bene tutto ciò nel suo cuore, e quindi non era difficile insegnarle i nomi astratti.
Anzi Helen raccontava da sè come da bambina giunse a capire il significato della parola "amore".
Helen, un giorno, portò a miss Sullivan delle viole. Ella per esprimerle la sua graditudine, abbracciò Helen e, mettendole una mano intorno alla vita, scrisse sulla sua mano: "Io sento amore per Helen". Helen:
- Che cosa è l'amore? -
- L'amore è qui. - Risponde la maestra e posa la mano di lei sul suo cuore. Helen per la prima volta sentì, i battiti del cuore.
Ma ella non capisce: - L'amore è il profumo? - - No, -
- E' il sole? -
- No.
Helen rimase confusa pensando che miss Sullivan non le volesse mostrare l'amore.
Un giorno o due dopo, la bambina era intenta a infilare delle palline per ordine di grandezza in un filo. Era un Lavoro abbastanza difficile per lei. Miss Sullivan colse il momento opportuno e, toccandole la fronte, scrisse nella sua mano con forza: Pensa.
Helen in un baleno intuì che in quel momento la parola “pensa” voleva significare il lavorio del suo cervello in quella circostanza. Questa idea la fece pensare a lungo per cercare di trovare il significato della parola amore .... Ma ecco un'altra occasione brillante per miss Sullivan che non si fece sfuggire l'attiva maestra per cui Helen rappresentava un grande orgoglio: in quel giorno il cielo era ammantato di nubi; e di tanto in tanto veniva giù qualche scroscio di pioggia. All'improvviso le nuvole si allargarono e lasciarono che il sole sfolgorasse caldissimo sulla terra.
- E' questo l'amore? - Domandò Helen.
L'amore è simile alle nuvole che nascondono il sole. - Le risponde la maestra. - Tu non puoi toccare le nuvole, ma senti la pioggia e sai quanto godano i fiori e la terra riarsa. Così non puoi toccare l'amore, ma senti la dolcezza che infonde nelle cose. Senza l'amore non troveresti alcun piacere nei tuoi trastulli; non conosceresti la gioia..-..
Helen anche questa volta aveva superato un grande ostacolo con brillante vittoria.
Ella aveva appena otto anni, quando la sua mente incominciò ad esaminare i fenomeni intorno alla natura umana.
“Di dove vengo? Dove andrò? Quando morirò?”
Ma non bastava: nacque anche in lei l'esigenza di un essere superiore:
- Chi ha fatto tutte le cose? -
Una sua parente di religione cristiana cercò di parlarle di Dio. Ma non riuscì a farsi capire. Le diceva che Dio aveva Formato l'Uomo da un pugno di fango. Ma Helen di rimando :
- Noi siamo di carne. Le aggiungeva che Dio era nostro padre; ma Helen: - No, mio padre si chiama Arturo Keller. - Ma il desiderio di cognizioni intorno all'Uomo e al mondo si faceva in Helen sempre più pungente.
- Dov'ero io prima di venire dalla mamma? Chi fece la terra e i mari e ogni cosa? Chi fece il sole? -
- Dio. - Insegna miss Sullivan. Helen non si dava per vinta:
- Con che cosa Dio ha fatto i mondi? Dov'è Dio? Dio?.... Oh, io sono cieca e sorda, ecco perchè non vedo Dio!
Miss Sullivan intorno a questo argomento si ritirò. Credeva il compito troppo arduo per sè, e stimava opportuno affidare l'Istruzione religiosa di Helen al vescovo Brooks.
Egli era l'Uomo che sapeva curare sia le anime fresche dei fanciulli che quelle stanche degli adulti. Ben presto il vescovo Brooks diventò nel cuore di Helen una persona delle prime file. Egli se la prendeva sulle ginocchia, e con le sue grosse dita nelle manine di lei, insegnava il gran rivo di amore che corre fra la divinità e l'Uomo; e quando non gli era possibile tenerla vicino, la confortava e la guidava nella via dell'amore per corrispondenza. Le faceva capire che le cose più belle in questo mondo non possono nè essere vedute, nè toccate; ma si sentono in fondo al cuore.
Helen si mostrò attiva anche in questo campo. Infatti dopo non molto scrisse: "La Vista e l'udito non sono che una parte delle benedizioni di Dio. Io posseggo ancora il più prezioso, il più meraviglioso dei doni suoi: Il mio spirito è chiaro e attivo".
E ancora: "Non mi scoraggio per tutto quello che ho da imparare, perchè so che per questo il buon Dio mi ha dato l'eternità".
La morte non rappresentava più l'angoscia. Aveva pianto per la piccola Florence, "molto triste nel suo gran buco sotterra".
Ma poi alla morte della piccola Winifred dice: "Ora è con Dio".
E più tardi, giovanetta, scrisse: "Mi affido come un fanciullino a un potere superiore, credendo che questo lavori con le nostre mani, e regni nel nostro essere. Dio ci è vicino; è in ogni puro e nobile impulso".... "Io pure posso costruire il mio mondo migliore, perchè sono figlia di Dio, erede di una particella di quella mente che ha creato i mondi".
ALTRE CONQUISTE
Per Helen il sapere e le cognizioni del presente erano sempre troppo minime per potere appagare le sue nuove e continue esigenze. Voleva distruggere ad ogni costo il vuoto che percepiva fra sè e gli altri.
Sì, era vero che col Linguaggio dei gesti ella era riuscita ad apprendere molte cose; però gli altri usavano un altro Linguaggio, molto più semplice e più produttivo. Era stata con le bambine cieche di Boston, ed esse parlavano fra di loro senza i gesti. E poi anche i sordomuti imparavano a parlare. Tutti questi pensieri tormentavano Helen e la spingevano ad attuare la nuova decisione, cioè di volere imparare anch'ella a parlare. Helen dette l'ultimatum alla sua decisione, quando una signora, reduce dalla Svezia, le venne a raccontare che una bambina laggiù, Ragnyld Hata, anch'ella cieca e sordomuta, aveva imparato a parlare.
Se Ragnyld era stata capace di imparare, anche Helen ci sarebbe riuscita. Era ammirevole la volontà e la costanza che Helen adottava nei suoi propositi. Non c'era causa alcuna che la distogliesse. Miss Sullivan esitò molto in proposito, perchè temeva di creare qualche grande delusione; ma ormai sapeva che quando Helen stabiliva, bisognava appagare i suoi desideri, se si voleva che ella conservasse la sua tranquillità.
Nella primavera del 1890 Helen cominciò a prendere lezioni da miss Fuller, nella Scuola dei sordomuti di Boston.
L'impresa era molto ardua. Bisognava toccare labbra, angoli della Bocca, percepire lievi vibrazione nel volto, muscoli delle gote; ma il più difficile era capire nell'interno della Bocca i numerosi e svariati movimenti della lingua che ora si allunga, ora si ritrae, ora s'ingrossa, ora si spinge contro i denti, ora torna verso la gola... Tuttavia non si scoraggiò: anzi quanto maggiori erano le difficoltà che incontrava, tanto maggiore era la volontà e la costanza che vi impiegava...
La prima Vocale che uscì dalle labbra di Helen fu una _i_; poi un si, e poi un o,..; _a e poi un _o…; ma Helen era impaziente. Voleva parole... frasi. . .
Le parole non si fecero attendere a lungo. La prima fu _a_r_m: braccio. Helen fu ancora più felice quando le dissero che l'aveva pronunciata bene. Ma anche la prima frase non si fece attendere: IT IS WARM (FA CALDO). era manifesto a tutti. Helen era molto contenta del risultato; ma altrettanto contenta, e forse più era la sua mamma che l'attese alla stazione per ascoltarla parlare. Helen fino all'ultimo momento, mentre scendeva dal treno, faceva esercizio di pronunzia. La mamma l'abbracciò muta e tremante per la commozione, ad ogni sillaba che usciva dalla gola di Helen. Anche il babbo era molto intenerito e ammirato! A casa provava la soddisfazione di chiamare con la Voce Mildred che accorreva, e quella di far obbedire i cani ai suoi comandi.
"Anche Dio" diceva, "è contento che io non sia più muta, e quando andrò in cielo mi farà Insegnare a cantare dagli angeli”.
Nel 1894 Helen partecipò a un'altra Scuola, per la Lettura labiale, e prese delle lezioni di canto per migliorare il Suono della sua Voce.
Questi sforzi del canto furono fatti con pochissimo risultato; quasi nullo. Ma Helen non si fermò qui. Ogni difficoltà per lei era un'altezza da superare. La fanciulla era contenta di dare gioie a se stessa e ai suoi cari che la seguivano con tanto interesse, commozione e tenerezza.
ALL'UNIVERSITÀ'
Il 1893 Helen visitò per la prima volta le grandi cascate del Niagara, ed ella ci dice di godere, benché non vedesse le alte e bianche onde accavallarsi e non udisse il grande fragore che si sprigionava dal loro alto salto. Ella vedeva con gli occhi di miss Sullivan e riusciva ad avvertire, sia pure in parte, le vibrazioni di quelle grandi cascate e le pareva "sublime come la religione, la bontà, l'amore, come tutte le cose che lingua mortale non può definire".
In quello stesso anno ebbe la gioia di visitare anche la grande esposizione di Chicago: una "immensa città di sogno".
Helen riuscì ad avere dal Presidente dell'esposizione un biglietto col quale raccomandava a tutti i capi e agenti di accordarle tutte le possibili facilitazioni. Così Helen rompeva il velo all'eterno divieto del - non toccare! - che si verificava in tutte le esposizioni.
Quindi ella poteva toccare tutto. Le misero fra le mani un grosso diamante, molto prezioso, da stare gelosamente rinserrato con molti giri di chiave; le permisero di sedere, sia pur per poco, sulla sedia di Re Luigi. Helen si sentì regina. Passando oltre, le venne a capitare nelle sue mani un mondo intero: ricordi storici, oggetti d'arte, meraviviglie delle industrie, lavori e costumi di paesi remotissimi. Helen era molto commossa. Le pareva di sognare.
Ma ora bisognava pensare anche agli studi interrotti.
Quindi si riprese con maggiore ardore e aria.
"Caro diario”, scrisse, "oggi è il 13 ottobre, e ho notizie per te. Comincio a Studiare e ne sono tanto, tanto contenta. Studio aritmetica, latino, Storia, Geografia e Letteratura. Sono contenta, perchè imparerò sempre più di ogni cosa di questo bello, meraviglioso mondo. Ogni giorno vedo come so poco e non vedo l'ora di veder tutto, saper tutto, imparar tutto.
Una volta usavo dire che l'aritmetica mi piaceva poco...; (usava dire anche che l'aritmetica è una rete d'inganni!), ma ora ho cambiato parere, perchè vedo com'è buona e utile.
Mi aiuta a pensare bene e logicamente, e mi rinforza la mente in molti modi. Mi Studio di essere paziente quando gli esercizi sono difficili, ma qualche volta, nonostante i miei sforzi, per tenerla a posto, la mia mente è come un uccelletto che dalla gabbia vorrebbe fuggir nel sole; perchè la Matematica, è buona e utile finché si vuole, non è, però, certo bella e interessante come una bella Poesia o una bella Storia....
Storia e Letteratura mi piacciono, anche perchè mi danno notizie delle grandi cose che sono state pensate e sognate e compite nel mondo e mi aiutano a capire come la legge del bene lavora incessantemente, senza soste, senza riposo, seminando e maturando germi di conoscenze eterne".
Helen era molto attacata ai suoi libri, tanto da sognarsi di dormire su un mucchio di essi, e tanto da dare alle sue lettere "sapor di libri".
Quando le riusciva difficile apprendere con prestezza un'idea, il suo animo era in istato febbrile, ed era inutile dirle di abbandonare l'impresa per poi riprenderla, perchè avrebbe risposto:
- Credo che il mio spirito si fortifichi se lo faccio ora. - Oppure: - I miei nemici direbbero che fuggo: devo restare e vincerli. - Ed osava rimproverare anche miss Sullivan, perchè non usava i costumi dei greci che coi loro figli erano molto severi.
La piccola aveva un animo da vero soldato, invidiabile; però il lavorio del suo cervello veniva ristorato da belle gite, cavalcate all'aperto, da esercizi, da remate e bagni ogni volta che si trovava in riva al mare o in riva a qualche lago; le piaceva anche nuotare. Ma l'Olfatto non la guidava soltanto per mare... Un altro Olfatto la guida a ben altra via.
Helen preparava un altro piano.
In America e un po' dappertutto erano innumerevoli le giovani che conseguivano un titolo accademico facendo gli studi universitari: anche lei voleva raggiungere questa mèta.
Ancora un'altra volta Helen riuscì a vincere il disappunto delle persone che più l'amavano, essendo convinte che la rinuncia e il dolore avrebbero avuto una maggiore influenza sulla sua Salute che non sulla fatica mentale.
Il caso di Helen, che una ragazza cieca e sordomuta voglia diventare baccelliere era assolutamente nuovo. Forse anche questo fattore eccitò maggiormente il desiderio acutissimo della ragazza.
A sedici anni si iscrisse nella Gilman School for Young Ladies a Cambridge per prepararsi all'avvento all'università.
La ragazza si prepara per la prima volta ad uscire fuori dalla cerchia familiare per vivere in mezzo a persone normali, compagna di allieve normali; allieva di insegnanti che non avevano cognizioni speciali sull'insegnamento dei sordomuti o dei ciechi. Helen ben presto si fa molte amiche tra le compagne di classe. Alcune di esse imparano l'alfabeto manuale, e così Helen può parlare anche con loro. Però miss Sullivan è sempre al suo fianco. In classe le sta vicino, ripetendole brevemente la lezione del professore.
E fuor di classe, quando Helen doveva Studiare era sempre la stessa miss Sullivan che le leggeva libri e le ripeteva tutto sulla mano.
Era veramente un guaio per Helen, perchè lei non aveva quei libri scritti in Braille, altrimenti avrebbe potuto fare molto da sè!...
Toccava all'istitutrice Leggere Grammatica tedesca, Storia, passi di latino, ed altro. Le cercava persino parole sul vocabolario e sull'Enciclopedia.
Alla fine dell'anno scolastico Helen riportava il maggior successo fra le sue compagne nella composizione inglese, riportando "onor" (lode) in inglese e tedesco, e facendo bene in tutto. Gli esami scritti erano sostenuti da Helen sola in una stanza per non disturbare col tic, tic della sua macchina le compagne.
In famiglia si erano accordati che Helen avrebbe fatto il corso dei suoi studi in cinque anni, invece che in tre, come le sue compagne, poiché uno studioso aveva detto: "Occorrono ad un cieco più tempo per imparare un decimo di cose che ai veggenti".
Helen gli rispondeva riuscendo a terminare i suoi studi insieme con le altre compagne, studiando contemporaneamente, però anche privatamente. Per disparità di vedute fra il direttore dell'Istituto e miss Sullivan Helen fu tolta alla Scuola di Cambridge nel dicembre del 97 e fu affidata a un professore dell'Istituto stesso che veniva a darle lezione a Wrentham, in riva al bel lago dove si erano stabilite Helen e miss Sullivan. Col signor Itz, uno svizzero, Helen trovava molti vantaggi, fra l'altro quelli di trovare scritte pagine e pagine in Braille. Egli le insegnava anche algebra, latino, greco, geometria. Era un bravissimo Insegnante, sempre, però, dopo miss Sullivan che Helen definiva come una parte di se stessa.
Insegna cose - diceva Helen - che saranno una gioia per me finchè vivo.
Nella prova di ammissione all'università Helen incontrò innumerevoli difficoltà. Gli esaminatori vietavano alla scolara la comunicazione con miss Sullivan, e l'abbandonavano sola con la sua macchina; quella macchina che per molti è tanto utile, poiché basta uno sguardo per rendersi conto di tutti gli spropositi; mentre per lei che non poteva Leggere più quello che aveva scritto....
Il tema di Matematica era copiato in Braille; però con segni diversi da quelli che Helen aveva usato fino a quel momento.
Quindi altro disorientamento.
Ma, nonostante tutte queste avversità, Helen venne ammessa il 4 luglio del 99 ai corsi universitari di Radcliffe.
Ella stessa scrisse esponendo il proprio caso:
"Le mie condizioni particolari richiedono continuamente la presenza di miss Sullivan, che da tredici anni mi è maestra e compagna. Essa mi fa da interprete, mi traduce discorsi e mi legge i temi di esame. All'università sarà indispensabile che ella, o altri in certi casi particolari, mi assista nella sala di Lettura o durante le lezioni. Scriverò i miei compiti con la macchina e se il professore non m'intende parlando, potrò Scrivere le risposte alle sue domande e consegnargliele dopo la lezione.
"Posso sperare che il consiglio possa adattarsi a queste condizioni? Non nascondo che le difficoltà sono gravi. A molti potrebbero parere insormontabili, ma un soldato non si dà per vinto senza aver combattuto".
La risposta non venne subito; ma finalmente venne affermativa.
Così Helen vinceva un'altra delle più grandi battaglie.
Ma l'università fu una delusione.
Quella continua fretta era un'ossessione. Miss Sullivan le scriveva quello che poteva, cercando di seguire il professore. Anche le compagne si affannavano a prendere appunti. Studiar sempre; sempre avanti, avanti, senza fermarsi un istante per poter riflettere, affinchè l'animo si imbevesse del nuovo liquore.
Insomma Studiare "per gli esami". A lei nessuno svago era concesso; per le compagne, invece, la ricreazione non mancava. Tante volte ne andava di mezzo il suo malumore, però per breve tempo: "sdrucciolo talvolta, cado, fo una sosta, ma mi rialzo con rinnovato entusiasmo"... "Ora che sto per finire l'università ho il cuore palpitante e pieno di lieti presagi, in attesa di quell'attività che l'avvenire mi riserva. La mia parte di Lavoro nel mondo sarà probabilmente limitata, ma il solo fatto che sia Lavoro la rende preziosa”.
Il giorno dopo il suo ventiquattresimo compleanno Helen Keller, insieme con trentasette compagne, fra lo scrosciare degli applausi di quanti erano presenti, ricevette il suo diploma di "Bachelor of arts" "cum laude" (con lode). E inoltre in latino sul diploma stava scritto: "Non solo approvata nell'intero corso accademico, ma eccellente in lettere inglesi".
Miss Sullivan, da piccola, era stata affetta da cecità; ma poi, in seguito ad operazioni, riebbe la sua Vista. Fece gli studi, e quando si presentò il caso di dare un'istitutrice per l'Educazione di Helen fu creduto opportuno dalla direttrice dell'Istituto dei ciechi di Boston affidare la piccola Helen alla sua Tutela.
Il compito di miss Sullivan fu arduo e faticoso.
Helen aveva conseguito anche il diploma universitario, ma non si potrebbe dire con esattezza di chi fosse stato il merito maggiore. Veramente una fu il compenso dell'altra. Helen per prima additava all'ammirazione pubblica la sua maestra. Infatti gli sforzi di Helen sarebbero stati vani, o non sarebbero esistiti affatto, se per fortuna, non si fosse trovata quella miss Sullivan, così fornita di fiuto pedagogico; e gli sforzi della maestra sarebbero stati inutili se l'Intelligenza e la volontà di Helen non fossero state quello che furono.
A miss Sullivan non piacevano le frasi sonanti. Non voleva troppe lodi sulla sua persona e sul suo operato. Voci dicono che ella era andata a Tuscumbia "a Salvare dalle tenebre" la piccola Helen. Non è vero! La verità schietta, quella che piace a miss Sullivan, è quella che lei andò in casa Keller per guadagnarsi il pane Quotidiano. Si parlava di genio, di originalità di creazione a suo riguardo.... Si parlava di miracolo - un miracolo Helen, un miracolo la sua istitutrice - che provocava tante diffidenze e tante accuse di mistificazione.
E d'altra parte gli scienziati che la tormentavano con continue domande, e pesavano e misuravano senza un raggio di intuizione, le facevano qualche volta scappare la pazienza. Era tanto facile! Per lei; era stato così semplice, "ignorantella" in Educazione; ora gli scienziati duravano tanta fatica a capire!
Miss Sullivan ed Helen erano due cuori e un'anima sola. La maestra non abbandonò mai la sua allieva. Fece una sola assenza nell'89, un'altra qualche anno dopo. Miss Sullivan era divenuta moglie del signor Macy; ma ancora la brava moglie non abbandonava Helen; le era vicina lo stesso.
Miss Sullivan non aveva un momento di tregua, L'allieva che voleva raggiungere un livello intellettuale pari a quello degli altri, continuamente era avida di apprendere sempre cose nuove. Molte persone sapevano parlare con Helen, ma la maestra non aveva tregua lo stesso:
Miss Sullivan, per piacere spieghi questo a Helen; miss Sullivan, per piacere ci spieghi ciò che Helen vuol dire,...
Gli anni di Studio a Cambridge e a Radeiiffe furono per miss Sullivan molto e molto faticosi, tanto che anche la stessa Helen ebbe la sensazione "che la cara mano fosse insufficiente, per la prima volta, al compito suo".
L'opera di miss Sullivan nei riguardi di Helen era molto ammirevole, per lo zelo, la costanza, la serietà e la naturalezza con cui fu svolta; e non solo Helen, ma nessuno potette dimenticare il suo nome, che ormai è passato nella Storia, legato con caratteri d'oro a quello di Helen Keller.
Helen incominciò una vita non meno impegnativa, ma più tranquilla e serena. Ormai non era più la bambina di Tuscumbia, ma era una Donna consapevole e sicura della vita.
Ella passava le giornate dedicando gran parte di esse alla corrispondenza e alle visite. I più alti personaggi del vecchio e del nuovo continente volevano conoscerla, attratti dalla singolarità del suo caso; e se per alcuni non c'era possibilità di conoscerla direttamente, si accontentavano di scriverle per avere un suo scritto.
Fisicamente bene sviluppata, vestita con buon Gusto, i capelli annodati semplicemente, il viso roseo, sorridente, Helen avrebbe aspetto attraente, se un Occhio non fosse troppo sporgente e velato che dà un senso di angoscia a chi, ansioso e curioso, la fissi per la prima volta. Ma quel senso era subito vinto dall'impressione complessiva di bella Salute fisica e morale, dal suo comportamento generale nelle conversazioni sia direttamente che con l'intervento della maestra. Naturalmente non si creda che l'esame del visitatore fosse più intenso di quello che lei faceva sul visitatore stesso!
A lei bastava toccare la mano di un individuo che già era in grado di formularne un giudizio. Così Helen leggeva nelle mani, sbagliando raramente. Ella, che era una singolare chiromante, leggeva nelle mani i caratteri.
C'era chi le porgeva la mano cordialmente come a una sorella e le scaldava il cuore; c'era chi le porgeva soltanto la punta di due o tre dita, ritraendole in fretta, rivelando una paura "da coniglio”. Vi sono mani inquiete ed agitate e mani che danno un profondo senso di riposo, mani soccorrevoli; mani che rivelano una fisionomia morale spiccata e mani misere senza Carattere”. Se Helen aveva una mano nelle sue, senza aver altre notizie che quelle che recava l'ondata di sangue della stessa mano e i fremiti che l'agitavano, ella sentiva la gioia o il dolore, lo scatto di impazienza o il raccoglimento che passava nell'anima di chi inconsciamente le si rivelava.
D'altra parte il visitatore non doveva temere delle mani di lei, perchè ella gestiva da sembrare più nervosa di noi normali; ma ciò è scusabile e spiegabile dal fatto che, essendo soltanto le mani l'unico mezzo di comunicazione, è logico che dovevano essere le stesse mani il mezzo di espressione, come per gli altri sono i muscoli del viso.
Quando Helen passeggiava pensando fortemente o quando leggeva, la sua mano palpitava sfrenatamente come l'ala di un uccello. Noi, a volte, ripetiamo un passo o un Brano ad alta Voce affinchè resti più impresso nella nostra memoria; Helen, invece, lo ripeteva sulle mani, perchè quello era il suo mezzo più rapido per parlare. A proposito di parola, con Helen non era difficile la conversazione orale; ella tenendo le sue dita contro la Bocca anche di persone barbute e imperfette nella pronunzia, riusciva ad intenderle. Anche lei parlava sempre volentieri, e più lingue. Imparò l'Italiano dal nostro Ferreri. Il parlare continuamente le faceva piacere, anche perchè aveva la sua aspirazione di parlare in conferenze. Ma la sua parola conservava sempre qualche imperfezione e la s ua Voce non raggiunse mai un Suono gradevole.
Spesso le sue conversazioni si facevano gaie, perchè erano entrambe, Helen e miss Sullivan, di Carattere gioioso e Sociale, amanti dei giochi di parole e degli epigrammi. A chi cercava di imbarazzarla, Helen provava gran Gusto a rispondere con maliziosa e furba sicurezza. A quell'assurda domanda - di che Colore è questo? - (come se col Tatto si potessero conoscere i colori), ella con serietà diceva un Colore, cercando di indovinare. Se l'interlocutore, trionfante, le dovesse dire che aveva sbagliato, Helen flemmaticamente rispondeva : - Sono ben contenta che lo sapeste già: Ma allora, perchè me lo avete chiesto? -
Da lei s'intitolano istituzioni e bibliotech;, a lei tutto il mondo domandava autografi e faceva pervenire doni eccezionali; mentre navi solcavano l'oceano col suo nome scritto sulla carena.
Anche Helen fu colpita dalla Tragedia della prima Guerra mondiale, e i giornali dissero che volle salpare verso l'Europa per portare la sua parola e la sua opera alla regione che più le sembrava straziata dai mali delle guerre.,.. Alla Russia. A Wrentham Helen trascorre molta parte della sua vita, sempre occupatissima. La mattina leggeva i giornali; poi riceveva o si metteva alla sua macchina da Scrivere. Corrispondeva con amici e pubblicisti, o istituti per l'Educazione dei ciechi e dei sordomuti di cui era ispettrice titolare e consigliera instancabile. Corrispondeva anche telefonicamente, e qualche volta parlava lei stessa.
Quando era pronto il pranzo Helen veniva avvisata dalle vibrazioni di un colpo sulla balaustra della scala. A volte nella giornata due colpi annunziavano visitatori.
Dopo i pasti Helen girava nel suo Giardino, fra le piante antichissime e spesso era fermata da funi tirate da un albero a un altro che la trattenevano dall'uscire imprudentemente fuori dalla proprietà. Coi Macy faceva gite anche in bicicletta, procurando a volte anche delle cadute. I suoi cani, successori della vecchia Belle, la seguivano sempre; e, anzi, quando era sola, le facevano compagnia, "fratelli muti” anch'essi. Helen leggeva continuamente libri di ogni genere; e, benché avesse una Biblioteca così grande, tuttavia i libri erano troppo pochi, perchè quelli scritti in Braille occupano molto spazio.
Molti amici l'aiutavano a trascrivere libri. Così la sua Cultura si allargava sempre indefinita e vasta.
Ella affermava di gustare anche la Musica e il canto mettendo le mani sulla gola di chi cantava. Lo strumento suonato emetterebbe vibrazioni che le facevano gustare la bellezza del pezzo eseguito... A wrentham spesso la raggiungeva la madre che andava a passare qualche giorno con lei.
Ella aveva serbato sempre un grande affetto per la madre, fin da quando lo indicava toccandosi la gota; perciò era molto contenta di trascorrere il tempo con lei.
Helen girava liberamente e con una certa disinvoltura la sua casa.
All'aperto poi sentiva la direzione del vento, la posizione del sole, le condizioni dell'atmosfera. Attraverso il vibrar del terreno altre sensazioni penetravano l'epidermite del piede, i nervi, le ossa, come penetrano il caldo e il freddo.
Helen conosceva dal passo se si trattava di Uomo o di Donna, di giovane o di vechio, dalle vibrazioni del pavimento.
In tutti questi svarianti Helen passava il suo tempo, poiché, dopo i suoi studi, altri fatti importantissimi non ce ne sarebbero da segnalare. Ha viaggiato molto, in molti luoghi. E' stata anche in Italia; non ricordo bene se nel 47 o nel 48.
Un mio collega dell'Istituto dei ciechi di Bologna ebbe la fortuna di conoscerla personalmente. Mi diceva che ella riuscì a conoscere dalle vibrazioni dell'organo, il Brano che un alunno di quell'Istituto eseguiva per lei. Helen ha settantasette anni e si mantiene fisicamente ancora molto bene, come monumento di bontà, di grandezza d'animo e di esempio per l'umanità che la ammira.
Fine della prima parte
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