Una Vita Colorata di Sentimenti - Da “Un Cieco che Vede” del prof. Antonio Greco
Antonio Greco Aggiornato il 29/09/2021 08:00Non è facile trarre una conclusione da una vita così colorata di sentimenti, di svariate attività, di dinamismo, di difficoltà, di sofferenze, di soddisfazioni, di gioie, di dispiaceri, di dolore, di disperazione e di rassegnazione. Ma, tutto sommato, sono contento di quello che sono riuscito a realizzare, nonostante enormi difficoltà e impedimenti. Se potessi tornare indietro, per quello che dipende dalla mia volontà, rifarei tutto ciò che ho fatto, senza alcun pentimento, anzi, potendo, cercherei di fare ancora meglio.
Mi sembra di avere espresso con puntualità i ricordi del mio crescere fisicamente e intellettivamente. Però penso di avere trascurato velatamente la mia attività nella Scuola. Questa mia conclusione vuole rappresentare modestamente alcuni suggerimenti, consigli, accorgimenti per i ciechi che studiano e che si avviano al difficile compito dell'insegnamento nella Scuola pubblica. Dico "difficile", perché per un non vedente che insegna in una Scuola pubblica, si presentano tante difficoltà che sono superflue in una Scuola Speciale per ciechi. Bisogna badare alla disciplina, aggirare l'ostacolo "lavagna", la correzione degli elaborati, la scarsa conoscenza delle nostre capacità da parte di alunni, colleghi, personale di segreteria e presidenza. Per uno che agevolmente riesca a superare questi ostacoli, il problema si presenta meno pesante. Però se non si ha la disinvoltura, la capacità di localizzazione, l'abilità di persuasione e la padronanza di porgere il sapere in una maniera semplice, lineare, direi quasi elementare, piacevole, interessante, è chiaro che, secondo me, il cieco fa enorme fatica a tenere alto il suo compito che può degenerare in commiserazione, sopportazione e pietà verso il mal capitato.
Ho conosciuto più di un collega che è dovuto ricorrere all'assistente in classe, perché da solo non ce la faceva. Infatti il legislatore ha previsto anche questo: la facoltà di ricorrere ad un assistente in classe, sopratutto per la disciplina.
Io, per fortuna, non ho mai sentito la necessità di usufruire di tale Agevolazione. Me la sono sempre sbrigata da solo. Non ho mai messo una nota disciplinare sul registro di classe; non sono mai ricorso al preside per sanzioni disciplinari, ma non voglio farmene un vanto. La Natura mi ha dotato di attitudini tali da poter da solo espletare il difficile compito dell'insegnamento e ne sono contento.
Dicevo di suggerimenti, consigli, accorgimenti; ora cercherò di esporre i più interessanti.
Il primo traguardo che un cieco deve raggiungere, in qualsiasi campo egli lavori, è la maggiore Autonomia possibile. Più si rende autonomo, libero da condizionamenti, da barriere e da persone, e meglio potrà dimostrare agli altri e a se stesso l'alta capacità lavorativa. Perciò è bene escogitare ogni mezzo per diventare autonomi in ogni attività.
Io ho cominciato nella Scuola pubblica normale a strutturare un mio registro personale, in Braille, su cui apporre gli argomenti delle lezioni, i voti riportati nelle interrogazioni e le assenze. Inoltre il primo giorno di Scuola, in ogni classe compilavo lo specchietto dei banchi coi relativi nomi degli occupanti. Ma cominciamo dal registro personale: preparavo tre distinti fogli di carta; su uno, il più importante, in Braille, nelle prime cinque caselle della riga apponevo in stenografia i nominativi in ordine alfabetico, la sesta casella rimane vuota, dalla settima in poi apponevo la data dell'interrogazione e il voto riportato. Per la data procedevo in questo senso: segno di numero, data normale, per esempio: il 15 veniva segnato regolarmente, cioè dopo il segno di numero, nella casella successiva l'1 e nella seguente il 5. Per il mese, invece, per il primo mese del quadrimestre, nessun segno; per il secondo, nella prima cifra della data del giorno, apponevo il puntino 3 in basso a destra; per il terzo mese, il puntino 6 in basso a sinistra; per il quarto, i due puntini in basso, il 3 e il 6. Se poi era necessario usare anche il quinto mese, questo veniva segnato nella casella del segno di numero, col puntino 2 in mezzo a destra. Il voto, invece, veniva segnato da 1 a 10, preceduto dal segno di numero e nella casella successiva poteva seguire un +, un ++, un -, un --; il mezzo voto veniva segnato con una Z.
In qualsiasi momento potevo verificare il giorno e il mese in cui un certo alunno era stato interrogato. Potevo così, salvo le sorprese, distribuire nell'arco del quadrimestre razionalmente la verifica del profitto di ciascun alunno.
Per le assenze usavo un secondo Foglio su cui riportavo la data del mese e giorno e un segno di numero simbolo dell'assenza.
Concedevo poi agli alunni la possibilità di scusarsi una volta al quadrimestre, senza che ciò influisse sulla valutazione quadrimestrale. Tale scusa veniva segnata sul Foglio delle assenze. Inoltre segnavo sullo stesso Foglio delle assenze anche l'eventuale "impreparato" in cui poteva venire colto l'alunno, promettendogli che se, nella prossima interrogazione, fosse preparato sull'argomento carente, non ne avrei tenuto conto. Questo per una sola volta.
Usavo un terzo Foglio per gli argomenti delle lezioni, in una riga scrivevo il mese, per esempio, ottobre, e nelle righe successive data e argomento. Il tutto, poi, veniva riportato sul registro personale ufficiale della Scuola.
Alla fine del quadrimestre, o dell'anno scolastico, non avevo bisogno di nessuno: su un Foglio riportavo il voto di profitto di ciascun alunno con accanto il numero delle assenze, se ce n'erano, e man mano, durante lo scrutinio aggiungevo il voto di condotta. Alla fine della seduta, un collega, tutti disponibili per la verità, mi riportava il tutto sul registro ufficiale della Scuola. Per la firma sui registri della Scuola tutti i colleghi avevano imparato a mettere un pezzettino di carta, come Guida, sotto il rigo su cui bisognava apporrre la firma, e io, tranquillamente, le prime volte sotto lo sguardo attonito, meravigliato e stupito dei nuovi colleghi, apponevo il mio autografo.
Per le ore di Didattica, spesso, mi recavo nelle classi della Scuola elementare, accompagnato dall'assistente di Didattica, e, in sua assenza, dagli stessi alunni. In classe, o nelle diverse classi, organizzavo il Lavoro in armonia con le rispettive insegnanti di classe. Si creava un entusiasmo e un'armonia di Lavoro e di intendimenti, che era un piacere viverli.
Ora, da pensionato, vivo questi piaceri nei ricordi; ma la vita, purtroppo, maledettamente, non è fatta solo di gioie e di piaceri: proprio ieri, 30 settembre 1994, ho appreso una brutta notizia: un mio carissimo amico, un tempo compagno di classe e di banco al Liceo-ginnasio Palmieri di Lecce, il generale dei carabinieri Fedele Stanca di Soleto è stato colto da infarto, ed è gravissimo in rianimazione, con coma irreversibile. Speriamo che le diagnosi siano errate.
Edel
Dopo la maturità classica ciascuno dei miei compagni intraprese la sua nuova strada. Con alcuni mi sono rivisto più volte; con altri meno; con qualcuno mai. Uno di questi era proprio Fedele Stanca, ora per gli amici, Edel. Avevo appreso che era nei carabinieri e che ultimamente aveva guadagnato il grado di "generale", ma non ero mai riuscito ad incontrarlo, perché si era soffermato sopratutto al Nord.
Questa estate, mentre ero sulla spiaggia di Otranto a godermi il mare sotto l'ombrellone, poco lontano sentivo chiamare una persona "generale". Chiesi chi fosse e mi fu detto che era il generale Stanca. Mi son detto: non sarà certamente il mio compagno di banco del Liceo, perché, senza dubbio, mi avrebbe riconosciuto. Chiesi di parlare con lui e mi disse di chiamarsi Vittorio e di essere di Soleto. Allora gli chiesi se conosceva il generale Fedele Stanca. Mi rispose compiaciuto che era suo cugino e che villeggiava in una marina di Melendugno, a Torre dell'Orso in una sua abitazione. Mi disse che Fedele aveva il Telefono, ma non se ne ricordava il numero. Però mi aggiunse che lo avrebbe incontrato ai primi di settembre. Allora lo pregai caldamente di segnare i miei numeri del Telefono di Castrignano, di Otranto e del mio cellulare e che mi facesse chiamare. Mi promise che lo avrebbe fatto volentieri.
Infatti una sera squilla il Telefono: - Pronto! -
- Pronto. Il professore Greco? -
- Sì, sono io. -
Antonio! Sono Fedele Stanca! Il tuo compagno di banco degli anni di Liceo, al Palmieri! Come stai?....
E qui tutto il cerimoniale di un incontro, sia pur per Telefono, dopo ben quarantadue anni che non ci vedevamo. Mi invitò subito a pranzo presso il ristorante "LA SORGENTE" di Uccio Potenza, sulla spiaggia di Torre dell'Orso. Accettai con tanto piacere l'invito, e il giorno successivo ci potemmo abbracciare, commossi e felici.
- Son passati quarantadue anni, - mi disse; - ma ti trovo poco cambiato. Ti mantieni bene e mi fa tanto piacere. -
Io gli aggiunsi che lo trovavo bello e pasciuto. Infatti nel commosso abbraccio avevo notato che si era ingrassato un bel po'. Mi disse che anzi era dimagrito e che ora si sentiva meglio.
Ci sedemmo su una panca, a tavola, e cominciammo a raccontarci le nostre vicende di un'assenza così lunga. Mi disse che, raggiunto il traguardo di "GENERALE", aveva sentito il bisogno di ritirarsi in Pensione, e che ora voleva godere un po' la vita, dopo varie "palermiti". ([I]). Allietammo il pranzo (se così si può dire) raccontandoci le varie vicende delle rispettive famiglie.
A mia volta, lo invitai a cena a Castrignano, con la gentile consorte, per il giorno seguente al ristorante "LA VARRATA". Lì continuammo i nostri ricordi: i compagni, le compagne di classe ed altro.
Il 18 settembre ci volle al ristorante, mi pare che si chiami "IL CONTADINO", alla Serra degli Alimini, con una quindicina di altri suoi amici e parenti. Passammo una bella serata. Prese posto accanto a me, per starmi più vicino. Mi disse che all'indomani mattina sarebbe partito per Roma; poi per Firenze, dove possiede un'altra abitazione, e poi per Milano. Ma mi aggiunse che a novembre sarebbe tornato e che avremmo fatto altre cene. Io ero contento, e ci congedammo con tanta tenerezza e con la speranza di poterci incontrare molto presto.
Rispetto agli anni del Liceo, lo avevo trovato cambiato anche nell'umore: allora era più riservato, più contenuto, meno brioso. Ora lo trovavo estroverso, espansivo, giocherellone, festoso, gioioso.
Forse, però, in quegli atteggiamenti esteriori nascondeva un pathos velato, impercettibile, ma, a chi lo conosceva da giovane, non poteva sfuggire. Mi disse che non avevano potuto avere figli. Ma che si era rassegnato e che ora voleva godere la vita.
Aveva sposato una ragazza romana di nome Kelly, Donna molto simpatica, estroversa, dinamica, spontanea nelle sue manifestazioni, molto gentile e semplice, degna veramente di essere la sua fedele compagna della vita.
Era passata una settimana dalla loro partenza che un pomeriggio viene a casa a farmi visita Uccio Potenza.
- Professore, - mi dice - ti devo dare una brutta notizia: il generale è stato colto da infarto mentre era in macchina. Ha fatto in tempo a scendere, a chiudere la macchina, a consegnare le chiavi ad un barista, presso il quale si trovava, ed è crollato, ed ora è in rianimazione. -
Io son rimasto ammutolito, confuso, come se non volessi credere. Ho chiesto delle sue reali condizioni e mi ha detto che la signora gli aveva confidato la gravità del caso: coma irreversibile.
Mi arrabbiai, mi adirai. Ma è possibile, mi son detto, che ora che avevo ritrovato un amico, veramente amico, ora debba perderlo così presto e in questo modo barbaro? Ti arrabbi, ti alteri, ti accendi d'ira; ma con chi te la prendi? Anche questa volta mi son rassegnato a dire: "se vole Diu"! Ma purtroppo ora, mentre scrivo, devo concludere: "fazza Diu". Infatti ho ricevuto la brutta comunicazione che il generale avanti ieri, 4 ottobre 1994, è passato ad altra vita. Non dico il mio dolore e la mia costernazione.
I capitoli tratti dall'autobiografia "Un Cieco Che Vede" del prof. Antonio Greco, vengono pubblicati con l'autorizzazione dell'autore. Per contattare il prof. Antonio Greco e per informazioni sull'opera completa si può Scrivere a griconio@gmail.com