DiGrande.it

Non Vedenti, Braille e Tecnologie di Stampa

Questo sito usa Cookie per personalizzare contenuti e annunci, fornire funzionalità per social media e analizzare i collegamenti. Chiudendo questo banner o continuando la navigazione acconsenti al loro uso.
Leggi la Cookie Policy di DiGrande.it

Progetti destinati ai disabili visivi, opere caritatevoli per dare lavoro ai normovedenti in cerca di occupazione

Pubblicato il 07/07/2020 06:00 
 

Ci risiamo, arriva l'ennesima Innovazione tecnologica che farà piangere di gioia i non vedenti di tutta Italia... ma che dico, di tutto il mondo. Sia chiaro, in questo articolo a volte uso l'ironia, altre sono terribilmente serio. Punto il dito su una questione che, da quando sono cieco, cioè dal 1996, si ripete puntualmente ogni anno, anche più volte: i progetti rivolti ai disabili visivi, dove i non vedenti stanno solo ai margini, come poverini fruitori di qualsiasi stupidaggine caduta caritatevolmente dall'alto.

Non me ne vogliano i giovani che ora prendo a pretesto, siete solo gli ultimi di una lunga serie di persone che hanno avuto un'idea "geniale" per la disabilità visiva... o me ne vogliano, facciano pure, tanto è indifferente. Ma entriamo nella notizia.

Nasce la cintura a vibrazione per non vedenti. Dopo i braccialetti, le cavigliere, le pancere, le bandane, gli orecchini e i collier, era rimasta solo quella: la cintura che vibra. Ai non vedenti così vibrerà tutto, con la possibilità di simulare anche un coordinato ballo di San Vito. Si chiama Beltmap, cintura + app per Smartphone per indicare la strada a chi non vede, come le briciole nella fiaba di Pollicino. E proprio di briciole si tratta.

Beltmap nasce nel 2018 dall'idea di Francesco Volpi, ingegnere di 34 anni. Il team poi viene completato da Paolo Ferrazza, ingegnere di 33 anni, e Giorgia Delogu, economista di 22 anni. Evviva, largo ai giovani. Manca qualcuno nel team? Non vedo un non vedente, l'avranno dimenticato a casa? Tanto è una cosa del tutto logica, lo è da sempre, che nei progetti innovativi destinati ai disabili visivi, i non vedenti siano solo considerati come destinatari finali di queste opere di bene. Mai che ci fosse un giovane cieco coinvolto, perché la percezione di chi progetta è che i non vedenti - destinatari dei progetti - non siano all'altezza di progettare, di prototipizzare, di industrializzare e di, quando ci si arriva, di commercializzare un prodotto, cosa non marginale, strumenti dedicati alla "qualità di vita" delle persone con disabilità visiva. Al massimo, quando e se capita, siamo consumatori... Ma il più delle volte siamo solo cibo per avvoltoi, interni ed esterni... anche se l'Immagine di un avvoltoio è alquanto forte, soprattutto quando a cannibalizzare la nostra Immagine sono le nostre stesse associazioni benefattrici.

Domanda: Quando arriverà il giorno in cui i non vedenti prenderanno in mano il proprio futuro e ne diventeranno artefici?

Non sono proprio in grado su due piedi di Scrivere un'analisi antropologica e sociologica della situazione attuale, in cui i non vedenti e la disabilità in generale sono visti come i destinatari non partecipi dell'ennesima "genialata", proveniente da normo-benefattori in cerca di occupazione.

Non ce l'ho con voi, credetemi, giovani inventori di Beltmap. Sto puntando il dito solo contro questo sistema, contro questa società che vi ha indotto a pensare che potevate inventare qualcosa per qualcuno senza includere questo qualcuno dentro il vostro Progetto. Le belle parole come solidarietà o come Indipendenza lasciatele stare. L'unico moto di solidarietà sarebbe potuto essere quando all'inizio di questa vostra avventura, nel vostro team, avreste incluso anche un giovane o una giovane non vedente. Lo so, l'Ambiente scarseggia di competenze e professionalità. Però sono sicuro che se aveste veramente voluto sviluppare un Progetto inclusivo, la prima inclusione sarebbe dovuta essere includendo alla pari un giovane non vedente nel vostro team. Non siete i primi e non sarete neanche gli ultimi, prima di voi avete una lunga strada lastricata di fallimentari benefattori che si sono cimentati nella stessa arte. D'altronde volete sviluppare un prodotto per ciechi. Come potete pensare di farlo non includendo i ciechi? Magari mi risponderete che avete contattato l'Associazione X o Y o Z, ma quelle sono briciole: il betatesting a "dead father" è stata l'aspirazione di tutti i vostri predecessori.

Mettiamo due attuatori su una cintura, li facciamo comunicare in bluetooth con uno Smartphone, sviluppiamo un'app et voilà: siamo a posto per i prossimi due o tre anni. Perché in genere questi progettini durano giusto due o tre anni, dove l'ultima fase è proprio quella di pubblicare una o più notizie strappalacrime in qualche giornalino del settore, voglioso di carne fresca per disabili. Ma riuscite davvero a sbarcare il lunario con così poco?

Qualche anno fa un tizio tutto entusiasta mi parlò di una sua idea strabiliante: uno zainetto che secondo lui i non vedenti avrebbero dovuto indossare per andarsene in giro da soli. Come se di robe da indossare ce ne fossero in giro poche. Ideona finanziata da qualche gruppuscolo massone in erba, giusto per scrollarsi di dosso qualche migliaio di euro e rivolgerlo benevolmente ai poveri disabili, le dame di carità in chiave moderna. Finì male, naturalmente. Il tizio era affascinato dal vedere il suo nome stampato in qualche Giornale, mi confessò papale papale.

La mia visione Sociale e culturale della disabilità è sempre la stessa: le persone con disabilità devono prendere in mano la loro vita, anche se il più delle volte sono anestetizzati dall'inerzia delle proprie associazioni che, piuttosto che dare loro un Orientamento vero, li intruppano verso un futuro in cui i disabili sono sempre e solo gli accondiscendenti destinatari degli oboli altrui. Le persone con disabilità non vengono considerati neanche consumatori, per quanto orribile sia la parola consumatore. Non sono a tutti gli effetti partecipi della visione produttiva e valoriale di una società sempre più veloce, sempre più affannata a crescere. Alla stregua di cagnolini desiderosi di cure, privi di qualsiasi reale capacità di scelta.

Non era questo l'intento, ne sono consapevole. Qui Beltmap è stato solo un pretesto per Scrivere di una annosa questione che riguarda la società, la visione della disabilità, il valore che le si dà, la partecipazione alla vita, il Diritto di ogni Disabile di riscattare la propria Immagine Sociale, contro un sistema che lo vede ancora oggi come un soggetto privo di capacità. E la colpa è di tutti, in primis la politica, la Scuola e le associazioni prive di spina dorsale. È arrivato il tempo di conquistare per tutti i disabili la propria identità Sociale senza delegare ad altri: è un Diritto che dobbiamo essere noi a prenderci!