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Il Diploma di Laurea - Da “Un Cieco che Vede” del prof. Antonio Greco

Pubblicato il 09/06/2021 08:00 
 

14 novembre 1958. Questo è il giorno che segna il destino futuro per la mia esistenza. Questa è la data che determinerà il mio successo. Questa è la data in cui mi laureai. Era un giorno tiepido, un po' nuvoloso, ma per me pieno di sole. Era il giorno in cui doveva avvenire il Riconoscimento ufficiale di tutti i miei sforzi, sacrifici, privazioni, puntigli e anche qualche umiliazione che avevo saputo superare sapientemente. Era il giorno che doveva segnare l'inizio di una nuova vita per me, con nuove aspirazioni, nuovi problemi, altri ostacoli e anche tante soddisfazioni.

Il giorno precedente nasceva il problema: da chi dovevo essere accompagnato a Bari. Mi trovai con Vincenzo Frisullo, per gli amici Nzino, e gli chiesi se per caso si trovava ad andare a Bari. Mi rispose che doveva recarsi per sbrigare certe faccende. Allora gli chiesi se voleva venire all'indomani con me per accompagnarmi all'Università, che avrebbe risparmiato il viaggio del treno, in quanto i ciechi, già da allora, godevano dell'esenzione del pagamento del biglietto per l'accompagnatore. Accettò l'invito, e il giorno seguente di buon'ora, in autobus ci recammo a Lecce, e da lì il treno per Bari. Arrivai all'Università dopo le nove, e già la commissione era a Lavoro. L'esame di laurea avveniva a porte chiuse. L'amico mi accompagnò dietro l'uscio dell'aula e se ne andò a sbrigare le sue faccende. C'erano altre persone alle quali dissi che ero venuto per laurearmi. Quando il candidato che era dentro, uscì, c'erano tanti parenti a fargli gli auguri, ad abbracciarlo, a fargli festa. Dopo di lui entrò un altro laureando, e poi era il mio turno. Ero preoccupato. Temevo di essere preso dall'emozione e di non essere capace di dialogare con franchezza con i miei professori. Finalmente si aprì la porta e fu fatto il mio nome. Entrai disinvolto e sorridente, ma col cuore che mi batteva. Mi fecero accomodare con tanta signorilità, e con altrettanta gentilezza cercarono subito di mettermi a mio agio. Mi dissero che la mia tesi di laurea rappresentava un Lavoro importante ed interessante. Infatti era un trattato di psicologia. Il suo titolo era: "COME UN CIECO VEDE HELEN KELLER". Si aprì il dibattito e cominciò la conversazione: mi chiesero delucidazioni sui vari punti della tesi. In particolare ci soffermammo sulla trattazione della percezione sensoriale e sulla Associazione delle idee, tra percezione e immaginazione. Alla fine mi attribuirono il massimo dei voti a loro disposizione, espressero la loro soddisfazione e l'augurio di una luminosa e brillante carriera. Mi congedai. Fui accompagnato all'uscio dal prof. Giorgio Zunini, che era stato il relatore e si congedò stringendomi la mano.

Uscito nel corridoio, chi trovo a farmi gli auguri e ad abbracciarmi? Nè parenti, nè familiari, nè amici, ma solamente il caro amico che mi aveva accompagnato la mattina. Intanto aveva terminato le sue commissioni ed era tornato all'Università, in tempo, per attendermi fuori dall'aula ed esprimermi le sue felicitazioni.

Tornammo a Castrignano, e quella sera a casa mi si fece festa. Avevo conquistato un primato: ero il primo professore di Filosofia di Castrignano dei Greci. Feci alla Tipografia i biglietti da visita e partecipai ad amici e parenti più lontani il mio nuovo traguardo. Ero felice, ma nello stesso tempo cominciai a pensare al dopo. Però per quell'anno scolastico, eravamo già a metà novembre, e quindi non era possibile avere un incarico di insegnamento. E anche per questo pensai di concedermi un periodo di riposo.


I capitoli tratti dall'autobiografia "Un Cieco Che Vede" del prof. Antonio Greco, vengono pubblicati con l'autorizzazione dell'autore. Per contattare il prof. Antonio Greco e per informazioni sull'opera completa si può Scrivere a griconio@gmail.com