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L’11 settembre del 1906 nasce il Movimento Gandhiano. La forma iniziatica del pacifismo

Pubblicato il 05/07/2021 08:00 
 

L'11 Settembre può essere una medaglia a due lati opposti e antagonisti? Tutti oggi a sentir nominare questa data, ricordano e allo stesso tempo rimuovono, l'attentato alle Torri Gemelle e l'inizio di una nuova era. Un film appena uscito e un libro ad esso collegato raccontano l'evento, tentando una nuova interpretazione possibile dei fatti. intitolando entrambe le opere con il nome “Zero”. La scelta del titolo, vuole indicare l'inizio di una nuova epoca che certo non ci colloca, inteso come genere umano, ad uno scalino sociale evoluto e responsabile. Nasce infatti ciò che viene definita la Guerra al terrorismo e aggiungerei attraverso la paura. La “paura” non è qualcosa che è esterno a noi, ma è il nostro inconscio che la produce e ci lascia il compito, poco compreso, di dargli un volto ed un nome. identificato il nemico, il resto va da sé. Il nemico, il cattivo, il male, avranno un volto e una collocazione emotiva, che sono la cosa più difficile da smontare e eliminare dalla nostra vita quotidiana e dal pensiero di massa. Il film Zero, come pure il libro, cercano di trovare uno spazio emotivo ancora libero e un pensiero aperto al nuovo, per rimuovere un nemico o un cattivo forse immaginario. Questo di fatto significherebbe mettersi alla ricerca di un nuovo avversario ancora ignoto. Inoltre aver creato vittime innocenti, ovvero riconoscendo il nemico come altro, inserisce nell'inconscio e nel razionale, qualcosa di fondamentale eticamente e moralmente, ovvero la coscienza. Come perdonarci? Come rimediare? Qualcosa viene in aiuto della nostra consapevolezza, ovvero l'11 Settembre è anche una data che può essere definita “il Bene” o qualcosa di alternativo al nemico e al male?

L'11 settembre del 1906 a Johannesbrug, nel teatro imperiale, nasce il movimento Gandhiano. L'ordine del giorno e la sua definizione, sono l'inizio della disobbedienza Civile alle leggi raziali che il colonialismo inglese ha imposto. Inizia quindi quel che verrà definito il movimento pacifista per eccellenza. Gandhi vincerà la sua battaglia pacifica e il resto è Storia. Una definizione di Storia, potrebbe tradursi come una serie infinita di alternanze di nemici ed amici a confronto. Aggressori ed aggrediti, si alternano spesso nei ruoli, quindi la soluzione per il bene comune, Deve seguire strade ancora poco visibili e mai tracciate e proposte. L'Uomo ha da sempre cercato un suo equilibrio, cosciente del fatto che la sua condizione limitata tra una serie infinita di opposti, rivela le differenze solo sotto forma fenomenica. Oggi sappiamo che il disvelarsi della coscienza, è solo il tutto che si riflette nella nostra mente, ma il nulla o il vuoto, sono aspetti che pur facendone parte, ci sfuggono nel loro essere energia e quindi l'origine di ogni cosa. Noi diamo una definizione del nostro limite, che in vari modi e lingue significa Dio. Questo terreno comune e individuale, può essere inteso ancora una volta sotto due aspetti. Dio sarà quindi parte del tutto e del nulla, o è oltre e altro? Incastrati in una logica Newtoniana di causa effetto, questi salti nel mondo quantistico e ultima frontiera della scienza, non ci sono né famigliari né possono essere proponibili in un articolo come questo. Lascio a voi il compito di cercare una maturità di pensiero a cui dirigere le vostre forze e il desiderio di conoscenza.

Tornando al Pacifismo e alla sua apparizione come lotta non violenta, credo sia di primaria importanza, una definizione di Pace. La tragedia del nostro tempo, è proprio la perdita di significato del linguaggio e quindi l'uso stravolto e ipocrita del suo significato nella Storia evolutiva umana. I portatori di verità, ovvero i primi costruttori delle parole e del modo come trasmetterle nel suo senso compiuto, sono ancora biologia teorica da scoprire tra campi unificati di sapere scientifico e spirituale. Pace, quindi è prima di ogni cosa sinonimo di quiete e stabilità, o se eterna, può essere un aspetto della morte stessa. Vivere in Pace, non può che significare morire, quindi cosa può voler dire la Pace? Un Maestro induista o Buddista o Sufi, potrà dirvi che la mente ferma è Dio. Ecco che torniamo a bomba. Pace, Morte, Dio. Come coniugare la Pace con la vita? Cosa può essere una azione pacifica? Cosa esige l'essere pacifista? L'azione non violenta quando può essere definita tale? Azione è prima di ogni altra cosa pensiero, quindi desiderio, e infine volontà di applicarlo. Un pensiero e un desiderio di Pace, da che mente può sorgere? Rieccoci al dunque. Una mente ferma, è Dio. Vivere quindi la pace, è identificarsi con dio. Come giungere a tale identificazione? Ancora il maestro o un Saggio, ci dirà che il distacco da tutto ciò che è possesso e terreno, ci avvicinerà alla pace e a Dio. Qualsiasi iniziazione, parte da una morte apparente simbolicamente espressa, quindi la nuova vita è qualcosa che inizierà nel momento in cui si prenderà atto della nostra esistenza come realtà fenomenica e non altro. Quindi il pacifismo, dovrebbe essere una forma iniziatica di pensiero e il suo sviluppo nell'habitat di riferimento. Quanti pacifisti hanno calcato il suolo del nostro pianeta dal 1906? Quali spazi hanno potuto creare un pacifista? Quale habitat ha avuto più possibilità di risultato concreto? Dopo un secolo di attività dei movimenti pacifisti, la Guerra è più che mai attiva. La violenza è mai come oggi il quotidiano. La prevaricazione e la barbaria sono il presente e il futuro possibile. Parliamo della Guerra e la trasformiamo in missione di pace o umanitaria, Parliamo di esportazione della Democrazia a popoli che spesso nel nostro pensiero reale consideriamo, più o meno apertamente, culturalmente inferiori, quando non razza a noi sottoposta per diritto, ma non solo, anche elevando il nostro pensiero a pensiero unico e traducibile in dominio mondiale. Chi è oggi il nemico? Chi è l'amico? Chi è il difensore degli oppressi e dei popoli nel loro insieme? Perché il pacifismo e la lotta in ogni forma e metodo non funziona? L'11 Settembre è dunque una medaglia a doppio significato e può essere data da festeggiare oltre che da commemorare? Non vorrei apparire dissacrante, ma credo siamo lontani da questo obiettivo. Cosa impedisce al pacifismo di produrre risultati efficaci? Ora pensate ad una scena da film western piuttosto comune. Una folla inferocita vuole il linciaggio di un assassino. Lo sceriffo estrae la pistola e ordina l'halt. La folla ondeggia un po', ma si ferma. Cosa può fermare una massa se è solo una pistola e un uomo o due, se c'è pure il vice sceriffo,a bloccare un gruppo di persone che non potrebbe che essere vincente? C'è una sola risposta. La folla sa che qualcuno cadrà sotto i colpi della pistola, ma non sa chi. Ognuno dentro di se si domanda: “Chi me lo fa fare di rischiare?”. Cosa impedisce ai cittadini o al popolo del mondo, di fare forza comune e gettare fuori dal palazzo i potenti e fuori dai Templi di ogni tipo i mercanti e i corrotti? Questa metafora trova una sua interpretazione funzionale al tema che stiamo trattando, se riusciamo a sostituire il potere con lo sceriffo e la pistola con la forza che può garantirne il suo perdurare. Ancora una volta, il linguaggio ha il compito non facile di dare un significato reale e possibile alla parola “Potere”. Il processo di mondializzazione in atto, l'economia liberista, il capitalismo, tradotto in mercato, e il post capitalismo, ancora poco definito e compreso, sono stratificazioni di governo del Popolo, che si dibatte in una ricerca delle responsabilità da attribuire a organi competenti e avvicinabili. Ben presto i cittadini di un paese si renderanno conto, di quanto sia difficile la ricerca e quanto assomigli al girovagare del personaggio di Kafkiana memoria che giunto vicinissimo al Potere e al Castello in cui si cela, lo intravvede e non lo riesce ad afferrare. Ciò che la Democrazia dovrebbe rappresentare, ovvero un modo con cui esprimere le proprie scelte ed idee, pian piano ha perso ogni funzione in tal senso. Ogni partito è un Castello dove il Potere si cela e dirige e reprime i cittadini. Forse Oscar Wilde aveva compreso, con la sua famosa frase: “La Democrazia non è che il Popolo che bastona il Popolo in nome del Popolo”, una verità sempre più evidente. Ecco che l'aspetto più repressivo e l'oggetto della paura che può renderci nemici e vittime allo stesso tempo, è un'arma molto più subdola e potente di una pistola o di un uomo deciso ad usarla. Le nostre mani, spesso impugnano questa arma e si sentono nude se non la possiedono. Se ancora non fosse chiaro, sto parlando dei soldi. Noi abbiamo due forme di respirazione; una avviene attraverso le vie respiratorie, l'altra attraverso le vie del mercato. La mente pacifista è per coerenza, se di coerenza si può parlare, una mente ecologica e meditativa. L'habitat avrà quindi una funzione fondamentale nell'ecologia della mente, come pure l'identità culturale di ogni comunità che dovrebbe essere garantita. Qualsiasi aggregazione culturale, avrà una prima fase di adattamento e contrasto, che porterà ad azioni sulle cui premesse, si potrà giungere ad una vera integrazione e una unità di interessi sia etici sia morali. Ecco che la circolazione del denaro e ciò che abbiamo tradotto in mercato, risulterà il muro mentale più duro da abbattere ed amalgamare. Come tutte le parole usate dal politichese, il capitalismo è giunto alla definizione di mercato, quindi ad una stratificazione di significati derivanti da un unico mezzo che sono appunto i soldi ed il loro equivalente. Questa è la pistola che ogni cittadino si sente puntata contro senza esserne spesso cosciente. Lo sceriffo sarà invece ancora lui, ma con divise e aspetti diversi. Il Potere fantasma userà tutti i mezzi possibili, sempre alla ricerca di un volto o un castello ove ritirarsi per organizzare il suo dominio. Un pacifista, per quanto ecologicamente e spiritualmente evoluto, sarà sempre e comunque vittima del denaro e del suo potere. Potremo tutti limitare lo sfoggio della propria condizione, spesso luccichio ingannatore, ma alla fine dovremo pur mangiare e vestirci o vivere in una condizione miserabile quanto si vuole, ma entro un certo limite. Oggi in birmania, abbiamo visto i frati Buddisti scendere in piazza con le loro ciotole rovesciate, abbiamo visto ancora un volto del Potere che credevamo forse superato. Ebbene no! Problema di Democrazia? Ancora una volta no! Ciò che in italia chiamiamo governo democratico, basato su una Costituzione, si è rivelato essere qualcosa di orripilante e tragicamente osceno. Il riferimento al G8 del 2001 è scontato. Ciò che non è scontato è ciò che è accaduto e poteva accadere. Ora abbiamo la ciliegina sulla torta che abbiamo metabolizzato così pacificamente e con tolleranza quasi masochista. IL parlamento Italiano ha respinto la proposta del processo sui fatti accaduti durante il G8, poiché sono e resteranno una vergogna per tutto il genere umano e il simbolo della sconfitta della lotta politica pacifica e Cristiana. Aggiungo il termine cristiana, proprio per evidenziare dove è giunta la religiosità e la spiritualità tanto citate. Quali sono le responsabilità della Chiesa e di tutte le Religioni del mondo per aver lasciato fosse possibile un mondo di totale barbaria, non è compito di questo articolo. Molte altre volte il tema è stato affrontato diligentemente. Resta invece poco chiaro cosa oggi può significare il Dialogo. Per dialogare, bisogna

essere almeno in due, quindi un dialogo a più voci necessita di rappresentanza. Chi può rappresentare una religiosità politica e sociale capace di rispondere ai bisogni odierni e alla sfida del terzo millennio? La religiosità politica, è qualcosa che sfugge ad una definizione precisa, quindi è un processo evolutivo e una aspirazione umana. Questo aspirare ad una evoluzione rispettosa della dignità dell'Uomo, forse mai così giunta al lumicino, può essere trasportata nel tempo attraverso un'azione pacifica o un Dialogo rappresentativo del bene comune? Nessun progetto pacifico può essere finalizzato se le due Religioni più significative e numericamente maggioritarie, non ritrovano una condizione possibile di pace e dialogo. Quindi il problema, non è l'azione pacifica o la rappresentatività, ma sono i contenuti che entrambi possono porre sul terreno di un confronto ed ad una conclusione possibile verso l'aspirazione citata or ora. Ciò che ritengo oggi proponibile, sono solo le lotte che islamici e cristiani possono condividere. Tutti i grandi partiti, hanno avuto in comune due aspetti. Le divisioni e le fratture, erano inevitabili, ma nel momento del pericolo e del bisogno, hanno trovato una convergenza e il superamento dei propri interessi personali o di corrente. Il tempo delle divisioni è finito e il tempo dell'azione comune deve cominciare. Le lotte fratricide devono lasciare il campo di battaglia in nome di una ragione superiore. Le prime avvisaglie di questo movimento compatto, non avranno grandi numeri a disposizione, ma saranno presto l'unico riferimento a cui tutti prima o poi giungeranno. Se aumenta il pane, non è un problema del cristiano o dell'islamico, è il problema della sopravvivenza e dell'Uomo come specie. Un bambino o una donna palestinese, non è diverso da un bambino e donna italiana. Un lavoratore sfruttato è un cittadino del mondo e non ha patria o colore, né avrà tantomeno razza o cultura inferiore o superiore. Dove c'è comunità esiste cultura e ogni differenza non è che ricchezza e possibilità sconosciuta. Un embargo, come ho sostenuto e pubblicizzato, non è un problema iracheno o Cubano, è una barbaria contro cui unire le forze e battersi. In un mondo ormai unificato dal mercato, un diritto di un lavoratore non ha referenti sindacali del luogo, ma ha referenti oltre ogni confine e nazionalità.

Mi sono dilungato anche troppo, pertanto lascio aperto un dialogo e un riferimento possibile.

Grazie per chi sarà giunto sin qui, grazie per essere persona e grazie per dimostrarlo, sia pure con piccola forza.